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Verso l’insurrezione

Tornava la primavera e insieme la convinzione di potercela fare. La determinazione stessa con cui le forze nazifasciste stavano tentando di riprendere o di mantenere il controllo del territorio, e soprattutto della valle di Susa, erano interpretate come il desiderio di mantenere libere le vie di comunicazione per le manovre di sganciamento oltralpe. Anche le notizie provenienti dai vari fronti europei, per quanto approssimative e piuttosto confuse, contribuivano a ridare fiducia agli uomini della Resistenza. La direttiva del Comando militare regionale del Piemonte che invitava le formazioni ad assumere un “atteggiamento offensivo”, infine, rendeva ancora più concreta la certezza dell’imminenza dell’epilogo.
Intanto, per dare al movimento partigiano una connotazione organicamente patriottica, “scolorirne” gli aspetti politici e legittimarlo in questo modo di fronte agli Alleati, il Cln Alta Italia provvide all’unificazione delle formazioni: fu adottata una numerazione unica e scomparvero le denominazioni particolari ed i segni esteriori di differenziazione (distintivi, timbri…); la stessa qualifica di “partigiano” fu sostituita da quella di “patriota”.
La 17a brigata Garibaldi diventò così la I Brigata d’assalto “Felice Cima”, inquadrata nella 42a Divisione unificata “Amedeo Tonani” (la ex III Divisione Garibaldi), della quale facevano parte anche la 42a Brigata “Walter Fontan”, la 113a Brigata “Marcello Albertazzi” e la 115a Brigata “Giovanni Rocci”. L’iniziativa fu accolta con diffidenza dai partigiani, che non ne compresero le finalità e paventarono una vera e propria rimozione dei sacrifici, delle vittorie e delle sconfitte della lotta iniziata diciannove mesi prima ed anche della maturazione politica che l’aveva accompagnata. In ogni caso, non ci fu abbastanza tempo per mettere in pratica la trasformazione voluta del Clnai, e poi i preparativi in vista dell’insurrezione assorbirono la gran parte delle energie dei “patrioti”. Le formazioni dovettero infatti prepararsi da un lato per la “calata in pianura” e dall’altro per difendere gli stabilimenti industriali, le centrali idroelettriche, i ponti, le strade, la ferrovia, insomma il patrimonio produttivo della valle dalle squadre di guastatori al seguito dell’esercito tedesco in ritirata.
Divisa in tre battaglioni, assegnati al comando di Enrico Castagno, Dante Pini e Luigi Castagneri, la I Brigata d’assalto “Felice Cima” ebbe il compito di tenere la zona compresa tra Fiano, Cafasse, Druento, Venaria Reale, Nole e Cirié, in vista del transito dei tedeschi in ritirata (III battaglione) e prepararsi per intervenire nell’area ad ovest di Torino tra corso Francia, corso Regina e la statale n.24 fino alle porte di Rivoli (I e II battaglione). Un reparto poi, al comando di Giovanni Malara avrebbe dovuto rimanere in alto per contrastare eventuali incursioni nemiche.