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La morte dei primi comandanti

Terminata la fase di organizzazione e collegamento, le bande si impegnarono in una serie di iniziative, volte non solamente a risolvere il sempre presente problema degli approvvigionamenti, ma anche a contendere il territorio alle forze di occupazione, in una prospettiva ormai di lotta aperta.
La cintura ovest di Torino e la valle di Susa, con le sue due strade carrozzabili verso i valichi del Moncenisio e del Monginevro e la linea ferroviaria Torino-Modane, erano però di così grande importanza per i collegamenti con la Francia che i tedeschi si impegnarono costantemente e con notevoli energie a mantenerne il controllo. L’effetto di questa duplice spinta fu un susseguirsi di azioni e di reazioni a ritmo incalzante, che dà il senso di un territorio continuamente conteso. In questo contesto vanno inquadrati il danneggiamento, operato dagli uomini della banda Cima, della condotta forzata della centrale idroelettrica di Venaus (primi giorni di novembre), l’attacco alle casermette di Borgone (6 novembre) e quello ad alcune autoblindo della Wehrmacht (25 novembre), i sabotaggi alla linea ferroviaria in appoggio allo sciopero degli operai (17 novembre) e il furto ai magazzini militari di Rivoli (fine novembre).

Alle azioni i tedeschi risposero con ripetuti rastrellamenti dei centri nei quali c’era il sospetto si nascondessero le bande, il divieto della circolazione degli automezzi civili, il coprifuoco notturno, gli attacchi diretti ai “ribelli”, come quello dell’7 ottobre nel quale caddero otto giovani partigiani in località Fontana Rossa (Val della Torre); nel complesso, tuttavia, una reazione debole, che ebbe anzi l’effetto contrario a quello cercato, essendo un esplicito riconoscimento della presenza partigiana e dell’efficacia delle sue iniziative.

Appartiene a questo momento della lotta contro i tedeschi la morte dei primi comandanti del movimento partigiano in bassa valle. Il 27 novembre, mentre erano di ritorno da una riunione tra i capi dei vari gruppi, Felice Cima, Marcello Albertazzi, Egidio Liberti e Giuseppe Garbagnati furono intercettati da un gruppo di Ss nelle vicinanze di Caprie. Cima morì immediatamente crivellato di colpi; Albertazzi, trovato in possesso di armi, fu fucilato sul posto; Garbagnati fu arrestato e condotto a Torino. Solo il maggiore Liberti riuscì a fuggire, attraversando a nuoto la Dora.
L’uccisione o la cattura degli uomini che avevano diretto le bande in questa prima difficile fase costrinse il movimento partigiano a un nuovo sforzo di organizzazione, proprio mentre il bando di arruolamento della neonata Repubblica sociale italiana spingeva molti giovani delle classi 1924-1925 a scegliere la montagna. Nell’immediato, il comando della banda Cima fu assunto da Alessio Maffiodo, mentre il gruppo di Garbagnati si unì a quello di Borgone, al comando di Guido Bobba