Anche
nei paesi della bassa val di Susa e di quelle delle valli della Ceronda
e del Casternone, nei giorni successivi all’8 settembre, si formarono
gruppi di “banditi”. Nella zona di Condove si organizzò
un banda, di cui faceva parte Alessio Maffiodo, composta in prevalenza
da ex militari sbandati, che stabili le sue basi nelle baite a monte
di Mocchie; a fine settembre, al gruppo si aggregò Felice Cima,
sottotenente dei bersaglieri e studente universitario che aveva cercato
rifugio a Condove presso uno zio farmacista, divenendone in breve il
comandante. Sempre nella zona di Condove all’inizio di ottobre
giunse un’altra banda, composta da una trentina di uomini ben
armati, che si era formata nella zona di Barge e Bagnolo, da dove aveva
però dovuto trasferirsi per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi,
comandata da Marcello Albertazzi, un antifascista bresciano perseguitato
politico.Nell’area
di Borgone, per iniziativa di Guido Bobba e Giuseppe Garbagnati, operai
antifascisti torinesi, si formò un altro gruppo, al quale si
sarebbero aggregati Raimondo Ala ed alcuni ex militari. Altri gruppi,
composti in prevalenza da giovani locali, si organizzarono a Villardora,
Almese, Rubiana e Sant’Ambrogio, anche grazie alla fattiva collaborazione
dei parroci e, in particolare per il gruppo di Villardora, comandato
inizialmente dal maggiore Egidio Liberti, del sostegno economico offerto
dai torinesi facoltosi sfollati nella zona. Anche ad Avigliana si costituì
una banda formata da giovani della zona, che avrebbe operato prevalentemente
in val Sangone.
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Tre altre bande si organizzarono nell’area tra Pianezza
e Valdellatorre, tra queste il gruppo del “Mulino di punta”,
al comando di Berto Grangetto, e quello di Mario Neirotti, di cui facevano
parte soprattutto giovani rivolesi, tra cui Augusto Piol, che si spostava
tra il colle del Lys, il colle Lunella, Niquidetto e il canalone di
Richiaglio.
Nei
centri del fondovalle, poi, si aggregarono gruppi di “ribelli”,
i cui componenti, pur continuando a condurre la propria normale vita
quotidiana, svolgevano attività di propaganda antifascista e
sostenevano le unità partigiane combattenti, recuperando armi,
equipaggiamento vario e informazioni oppure intervenendo in appoggio
alle loro azioni. La loro presenza, che avvicinava la resistenza armata
e la popolazione civile ponendosi come elemento comune a entrambe, contribuì
a creare intorno ai partigiani un ambiente disposto a condividerne scelte
e sacrifici e ad aderire agli stessi ideali.

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