Fallimenti, disoccupazione e miseria
In Italia, nel quadriennio 1929-1933, i fallimenti delle imprese industriali, artigianali e commerciali si moltiplicano, mentre il numero dei disoccupati ufficiali e quello degli iscritti agli elenchi comunali dei poveri cresce in misura esponenziale. Non potendo contare su un efficiente apparato statale, il regime fronteggia l’emergenza gestendo direttamente l’assistenza sociale: nel 1930, il Pnf istituisce l’Opera assistenza invernale che, raccogliendo fondi tra banche, imprese, Comuni, associazioni degli industriali e dei commercianti e cittadini benestanti, distribuisce viveri e combustibili. Inseguendo una speranza di sopravvivenza, una folla dei disperati si riversa dalle aree rurali nelle grandi città industriali, benché il regime proibisca l’inurbamento con un’apposita legge: si forma così una massa d’immigrati clandestini, obbligata a svolgere lavori illegali oltre che priva dell’assistenza sociale del regime. Nel triangolo industriale, i disoccupati
inscenano violente manifestazioni di piazza, così il
Pnf decide dapprima d’impegnare i Fasci femminili a sostegno dell’Opera
assistenza invernale e poi ad affidare i soccorsi all’Ente opere
assistenziali, gestito con i Comuni ed il sindacato e già incaricato
di coordinare le colonie per l’infanzia, la Casa della madre fascista
e la Casa dell’ospitalità fascista |
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