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Dal secondo governo Badoglio all’esecutivo Bonomi

Gli accordi di Yalta hanno fondamentali riflessi sulla situazione politica italiana e, in particolare, sul Cln, la cui iniziativa è rimasta bloccata per le divergenze interne circa i rapporti con il regno del Sud, con i moderati che propendono per la continuità istituzionale ed il dialogo con il governo Badoglio e le sinistre che chiedono l’abdicazione del re Vittorio Emanuele III e la rottura d’ogni rapporto con l’esecutivo.

Poiché, a conflitto terminato, l’Italia dovrà far parte del blocco occidentale, il segretario del Pci Palmiro Togliatti, rientrato dopo diciott’anni d’esilio trascorsi a Parigi e soprattutto a Mosca, il 31 marzo 1944 lancia un innovativo programma politico.

In seguito a quella che sarà ricordata come la “svolta di Salerno”, il partito riceve un radicale cambiamento, sia d’indirizzo -verso la democrazia progressista anziché la rivoluzione socialista- sia di composizione -un partito di massa, formato da operai e contadini, ma anche intellettuali e ceti medi, invece che da soli militanti di professione- sia di programma.

In particolare, gli obiettivi, indicati da Togliatti nell’unità delle forze antifasciste all’interno della lotta di liberazione, nella formazione di un governo composto dai rappresentanti del Cln e nel rinvio della questione istituzionale a guerra finita, isolano socialisti ed azionisti, costringendoli ad abbandonare la propria intransigenza: il 21 aprile, Pietro Badoglio può così finalmente formare un secondo esecutivo, un governo d’unità nazionale antifascista appoggiato dal Cln, molti leader del quale assumono la carica di ministro.

La liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno, dopo che i tedeschi hanno perso 30.000 soldati tra morti, feriti e prigionieri, determina una nuova trasformazione politica. Persuaso dai liberali, Vittorio Emanuele III affida la luogotenenza generale del regno al figlio Umberto, mentre il Cln, dopo aver ritirato la fiducia al governo Badoglio, ottiene che il proprio presidente, Ivanoe Bonomi, sia incaricato di formare il nuovo esecutivo.

Gli Alleati subordinano il loro beneplacito al nuovo esecutivo al rispetto di alcune condizioni, tra le quali l’accettazione dell’”armistizio lungo” ed il rinvio a fine conflitto di ogni decisione in merito alla forma istituzionale del Paese.

Appianato quest’ultimo ostacolo, il 10 giugno Bonomi annuncia la formazione del governo, in cui sono inclusi tutti i segretari dei partiti del Cln. Uno dei primi provvedimenti assunti stabilisce che, alla fine della guerra, sarà eletta con suffragio universale un’Assemblea costituente, incaricata di stilare la Carta che sostituirà lo Statuto albertino.