Testimonianza di Corrado Filippini

La morte di Severino Piol

Combinazione il 25 luglio tutti correvano e sono corso anch’io e ho cominciato a sentir sparare dentro e poi ho capito il fatto com’è successo. ‘Sti giovani erano venuti qua tutti per festeggiare la vittoria contro il fascismo," Siamo stufi del fascismo, di tessere, di andare a prendere un etto di pane al giorno con i bollini " perché allora il pane non si mangiava a chili, si aveva la tessera, si staccava un bollino e ti davano un etto di pane al giorno, chi lavorava due etti. E allora tutti sono venuti qua, ‘sti ragazzi, corsi davanti per levar via tutti gli emblemi del fascismo: evviva il duce, il duce ha sempre ragione, delle teste del duce . Sono andati dentro per ribaltare queste cose. Il custode, era qua, io lo conoscevo bene, ha incominciato a gridare "fuori, fuori, fuori!" e questi ragazzi invece di stare fuori spaccavano tutti questi quadri e lui aveva una pistola perché era lui era il custode, era responsabile . Apre la pistola e tan-tan-tan ha incominciato a sparare.

Piol lo ha ucciso.

Come si chiamava Piol di nome?

Severino !

Poi c’era quello che aveva il negozio di armeria a Cascine Vica, Meotto; lui l’ha preso in una gamba e in un braccio, ma lui è caduto per terra, si è buttato per terra e non gli ha più sparato, insomma poi sono intervenuti i carabinieri anche la polizia, l’esercito . Hanno fatto andare via questi giovani , sono fuggiti tutti, Non avevano niente in mano, sono andati non con le intenzioni di far del male , ma il custode dice che ci teneva al posto e non pagava l’affitto, niente, né luce né acqua , era ben agevolato poi anche di mentalità fascista, ma con quello non è che volesse ammazzar la gente, ma lui aveva l’ordine assoluto che nessuno doveva entrare e lui ha fatto che sparare. E’ intervenuto l’esercito e l’ hanno accompagnato fino in caserma poi di lì lui se n’è andato con la famiglia perché erano tedeschi, se n’ è andato a Trieste e non l’ hanno più preso perché, finita la guerra, se lo prendevano gli davano una carica di legnate che non finiva più.

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