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La scuola |
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BALBONI
Ivo
A scuola mi sono trovato abbastanza bene. Ho
avuto la maestra Coccia, grandissima donna, fino alla
quarta elementare, e in quinta il maestro Profeta,
che era un fascista convinto. In classe con me c’era anche
suo figlio.
Quando facevi qualcosa i maestri erano terribili, ti
davano botte sulle dita e lui a suo figlio non
gliele risparmiava.
Dovevamo studiare tutto quello che il Fascismo aveva
fatto. In effetti il Duce tante cose le aveva fatte
perché, soprattutto in Emilia Romagna e nel Lazio,
aveva fatto delle bonifiche. Forse si è montato la
testa perché ha cominciato la guerra in Etiopia e con
la Libia.
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BAUDANO
Lucia
Io desideravo studiare e la
scuola di ragioneria l’ ho fatta un po’ così, grazie alle suore che
mi aiutavano,
perché c’era già mio fratello
che studiava e non c’era la possibilità di farci studiare tutti e
due. E poi andavo
in bicicletta a Pinerolo a dare
gli esami, perché papà non voleva che andassi a Torino.
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BELLETTATI
Augustina
Ho frequentato la scuola pubblica dalla prima alla
quinta elementare.
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BUROCCHI Lorenzo
I primi tre anni delle elementari sono stato con la
maestra Bobola e gli altri due anni con il maestro Pozzi,
il quale forse aveva preso la tessera ma non faceva
propaganda. Invece il maestro Profeta era proprio
un fascista e ha minacciato i miei genitori dicendo
che se non mi compravano la divisa da balilla avrei
potuto avere dei brutti voti.
Nelle scuole ci insegnavano che gli antifascisti
erano soltanto sovvertitori dell’ordine pubblico, gente che
con gli scioperi chiudeva le fabbriche e non lasciava
lavorare. I maestri parlavano solo bene del fascismo.
Nelle chiese ci facevano anche pregare per il duce;
la stessa chiesa aveva chiamato il duce “l’uomo
della provvidenza”.
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CARBI Guido
A scuola ci insegnavano cosa era il Fascismo, ma non
è che prevaricassero o che mettessero in disparte noi
che venivamo da famiglie antifasciste.
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CAVAGLION
Miranda
Al tempo delle Leggi razziali frequentavo la seconda
ginnasio, che corrisponde alla seconda media attuale,
e così, all’improvviso, non ho più potuto studiare.
Non l’ ho saputo direttamente perché è successo in
piena estate. Hanno detto che non potevamo più
frequentare la scuola e io non sono più andata.
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FILIPPINI
Corrado
La sorella di mio papà era suora
al Cottolengo e allora mi hanno mandato lì a cinque anni e ho
frequentato
la scuola fino alla quinta
elementare. Quando mia zia è morta di polmonite, e allora si moriva
di
polmonite, siccome bisognava
pagare una piccola somma per stare al Cottolengo, mio padre e mia
madre mi
hanno tenuto a casa non avendo
le possibilità.
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LEINA
Marietta
Io ho fatto l'asilo e la prima elementare a Leumann.
Allora le medie non esistevano, c'erano le
scuole commerciali e chi voleva farle poteva andare
di domenica e dopo tre anni prendere il diploma.
A quei tempi potevi così lavorare come impiegata
perché era già un titolo di studio superiore.
Noi abbiamo fatto le scuole a Grugliasco con molta
rigidità perché andando a scuola dai preti…
bisognava andare a messa di domenica.
Andavo a scuola dal lunedì al sabato, dalle nove a
mezzogiorno e dalle due alle quattro del pomeriggio;
la domenica mattina alle nove dovevo essere a messa,
e c'era una parte della chiesa riservata ai maschi
e un’altra alle femmine, e anche l’entrata era
diversa. Inoltre avevo una tessera che veniva timbrata
durante l’anno scolastico con una stelletta diversa
per il mattino e per il pomeriggio e questo voleva dire
che non dovevi mai mancare.
Tutti i pomeriggi c’era la benedizione e il prete
parlava dal pulpito della chiesa che era sempre tanto
fredda. Ricordo il freddo, e anche lo spavento, la
paura, perché si andava a scuola e veniva l'allarme e
quando c'era l'allarme quasi sempre arrivava la
flotta degli apparecchi; ne arrivavano ventiquattro, a gruppi
di sei. A mezzogiorno le suore aprivano le porte e
così io che avevo quasi mezz'ora di strada per venire a
casa me la facevo tutta di corsa.
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MACARIO Giovanni
Alle elementari una cosa che mi dispiaceva era il
fatto che allora ci davano la tessera da balilla e mio padre
non voleva che la prendessi. Io non riuscivo a
capirne il motivo, se era perché eravamo poveri oppure altro.
In quinta elementare si andava a scuola a Rivoli,
perché alla borgata dei Tetti non c’era l’ultima classe.
Il maestro della quinta elementare era proprio un
fascista, di quelli con l’orbace; non perdeva l’occasione
di venire con la camicia nera e via dicendo.
Ricordo che quando ci faceva fare l’analisi
grammaticale o logica metteva sempre quegli slogan del Fascismo:
la vittoria sarà dell’Asse, il duce ha sempre
ragione, l’aratro traccia il solco ma è la spada che lo difende,
tutti quegli slogan che si vedevano scritti sulle
case a grandi caratteri.
C’era un ragazzo, il capoclasse, che si dimostrava
molto attaccato ai balilla e che poi purtroppo è morto
nei bombardamenti di Rivoli.
Noi un po’ di simpatia per il duce ce l’avevamo,
perché ce l’avevano inculcata.
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MONDON
Cesare
Devo dire che alla scuola
elementare ho avuto dei maestri molto bravi, molto capaci e molto
umani, anche
se fascisti. Ho imparato molto
soprattutto da una maestra con cui ho fatto quattro anni di
elementari, e poi
ho avuto un maestro fascista, ma
anche lui molto bravo. Ho dei bei ricordi della scuola.
Quello che ho sentito dire in altre interviste, che
eravamo obbligati ad andare alle parate, che era una
vita eccessivamente disciplinata non mi ha creato
grossi problemi.
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PARACCA
Gina
Le maestre erano tutte molto rigide, dovevano fare il
loro lavoro, ma io avevo una maestra molto buona, e
sono stata con lei dalla prima fino alla quinta. Si
capisce, ti indottrinavano sul Fascismo.
Si studiava tutta la vita, la storia di Mussolini,
dei gerarchi, di Italo Balbo. A scuola la storia era quella e
non sapevi altro; tutto era basato sul Fascismo.
Non credo che le ragazze fossero educate in modo diverso dai
maschietti. C’era la scuola femminile e la
scuola maschile; facevamo ginnastica col cerchietto e in divisa.
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SIMIOLI Abe
Ho frequentato le scuole elementari sino alla seconda
a Rivoli e poi sono andato in collegio a Rocca de’ Baldi.
Il prete che c’era al Murialdo ha parlato con il
direttore del collegio a Rocca de’ Baldi a Cuneo e sono rimasto
lì per tre anni.
Ho studiato anche agricoltura, perché si studiava
agricoltura oppure ci si faceva prete. Io farmi prete non
ci pensavo proprio anche se allora non sapevo cosa
significasse essere prete. Facevo il re del pollaio,
stuzzicavo tutti; ad esempio dicevo:” te fra pistone
vai a fare così”, ragazzate che si fanno da giovani
senza sapere il valore delle cose. C’era don
Secondino che ha poi preso i voti proprio in quel collegio che
mi voleva un bene enorme pur essendo disperato.
Difatti ha mandato a chiamare mio padre che è dovuto
venire in bicicletta fin lì e gli ha detto che non mi
volevano più tenere perché ero una disperazione.
Finite le elementari sono tornato a casa e siamo
stati lì tranquilli, sempre con questa guerra, i tesseramenti.
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SIMIOLI
Bruno
Quando andavo a scuola avevo un libro intitolato
“Libro e moschetto”. Ti insegnavano ad odiare gli stranieri.
Bisognava sempre essere vestiti tutti allo stesso
modo, col grembiule nero, fino alla quinta. Si doveva pagare
la pagella che costava una lira, e con essa ti davano
la tessera da balilla o da avanguardista a seconda
dell’età; per le ragazze era la stessa cosa. Quando
c’era una festa nazionale bisognava vestirsi da fascisti.
Io non ho mai avuto la divisa, neanche la tessera e
la pagella. Non potevo andare da mio padre a chiedergli
la lira per avere queste cose.
Finita la quinta elementare sono andato a lavorare.
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