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Figlio di Tancredi
Galimberti, avvocato, deputato liberale dal 1887
al 1913 e ministro delle Poste nel governo
Zanardelli (1901-1903), Tancredi (Duccio)
Galimberti nasce a Cuneo nel 1906.
Nella sua formazione ha un ruolo centrale la
madre, Alice Schanzer, studiosa di letteratura
italiana e inglese, che gli trasmette il
profondo interesse per Giuseppe Mazzini, di cui
è testimonianza il saggio Mazzini politico, che
egli scrive a 16 anni e che esce tra il novembre
1924 e il gennaio 1925 su "L'Italia del popolo".
Ottenuta la maturità presso il liceo Pellico di
Cuneo nel 1922 - anno in cui comincia a scrivere
su "La sentinella delle Alpi", di proprietà
della famiglia - Galimberti si iscrive alla
facoltà di Giurisprudenza dell'ateneo torinese,
presso il quale consegue la laurea nel giugno
1926.
Dal 1927 inizia a lavorare nello
studio legale paterno, dedicandosi contemporaneamente al
proseguimento degli studi giuridici nell'ambito del diritto
penale.
Benché molto legato alla famiglia e benché il padre, nominato
senatore del regno nel 1929, sia vicino al regime, Duccio si
mantiene estraneo al fascismo e fermo nel rifiutare le proposte
di adesione al Pnf.
Nel 1939, anno della morte del
padre, Galimberti entra in contatto a Torino con Ada Gobetti e,
nel 1942, con Mario Andreis (conosciuto a Milano tramite il
proprio fratello, Carlo), contatti che contribuiscono a far
maturare il suo ingresso nel neonato Partito d'azione, sulla
base di un'adesione morale prima che teorica, come mostra il
"Progetto di costituzione confederale europea e interna" (al
quale lavora con Antonino Repaci tra l'autunno del 1942 e la
primavera del 1943), un documento che si discosta in parte dai
presupposti azionisti e che risente dell'influenza del
corporativismo.
Il 26 luglio 1943, appresa la
notizia della destituzione di Mussolini, Galimberti prende la
parola pubblicamente - prima a Cuneo e poi a Torino - per
incitare alla continuazione della guerra, contro il nazismo.
Dopo l'annuncio dell'armistizio
dell'8 settembre, rivelatisi vani i ripetuti contatti con le
locali autorità militari al fine di organizzazione una
resistenza armata ai tedeschi, il 12 settembre lascia Cuneo per
Madonna del Colletto, dove, con undici compagni (tra i quali
Dante Livio Bianco, Arturo Felici, Edoardo Soria e Leo Scamuzzi)
fonda la banda "Italia Libera", nucleo originario delle
formazioni partigiane "Giustizia e Libertà" nel Cuneese.
Galimberti, da subito molto attivo nel tessere i collegamenti
tra i primi gruppi partigiani nelle valli cuneesi, il 13 gennaio
1944 viene ferito nel corso di un combattimento nella zona di
San Matteo in Val Grana. Dopo un breve periodo di convalescenza
a Canale d'Alba (durante il quale redige un Progetto di riforma
agraria), si trasferisce a Torino, dove in febbraio per incarico
del Pda assume il comando delle formazioni Gl del Piemonte e in
seguito la rappresentanza del partito all'interno del Comando
militare regionale piemontese.
Il 20 maggio 1944, accompagnato da Detto Dalmastro e Giorgio
Bocca, a Barcelonette prende parte a un incontro con
rappresentanti della resistenza francese, che getta le basi per
i successivi accordi di collaborazione con il maquis firmati a
Saretto da Livio Bianco il 30 maggio.
Costantemente impegnato in spostamenti finalizzati a
organizzare, coordinare e sviluppare le formazioni partigiane
Gl, Galimberti continua tuttavia a risiedere a Torino: qui
il 28 novembre 1944 viene arrestato, e imprigionato alle carceri
Nuove. Prelevato dalle brigate nere di Cuneo, è tradotto
nella sua città natale e torturato.
La mattina del 3 dicembre, viene
freddato ai bordi della strada nei pressi di Centallo dai
fascisti, che nei giorni successivi cercano di presentare
l'assassinio come la reazione a un suo tentativo di fuga.
La sua memoria è subito insignita della
medaglia d'oro al valor militare.
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