
Così il
partigiano Bruno Simioli, uno degli scampati, ma
arrestato quel giorno, ricorda il drammatico
episodio:
“Il gruppo della ‘volante’, dopo aver sequestrato
una corriera di passaggio per poter caricare altre armi
requisite ad Orbassano, proseguì verso Rivalta, dove aveva il
compito di prelevare la farina che Francesco Magnetti ed Eraldo
di Cumiana avevano procurato. Per condurre questa operazione
eravamo d’accordo di attendere l’arrivo di un apposito camion.
Nell’attesa, visto che l’automezzo non giungeva
(sapemmo solo dopo che il ritardo fu dovuto ad un guasto al
motore), decidemmo di andare alla ‘piola’ di Piazza del
Municipio, dove, il proprietario, un astigiano, dava ausilio ai
partigiani.
Ci fermammo circa un’ora per rifocillarci. Nel
frattempo sopraggiunse il camion atteso.
Lasciammo fuori, di sentinella, i cugini Ferrero
di Rivoli che facevano parte della squadra di Mondino.
Frattanto, dal giardino circostante, arrivò un fascista, armato
di ‘parabello’, che nel vederci non sparò subito, tratto
probabilmente in inganno dal fatto che alcuni di noi indossavano
divise tedesche. Io avevo l’uniforme tedesca ed Augusto Piol
aveva una giacca da fascista. Ci fu un attimo di attesa e di
dubbio, poi il fascista capì la reale situazione e cominciò a
sparare. Uccise subito Luigi Ferrero e
Giovanni Ferrero .
Io,
Augusto Piol e Elio Ferrero rispondemmo al fuoco. Dovevamo
uscire per cercare scampo. Anche Francesco Magnetti e
Raggio Luciano,
un ragazzo sardo, furono colpiti a morte, mentre tentavano di
attraversare la via e ripararsi nel fossale.
Augusto Piol ed Elio Ferrero tentarono di uscire
anche loro, mentre io avevo il compito di coprire la fuga, ma il
tentativo non ebbe buon esito. I fascisti dall’esterno
controllavano le nostre mosse con facilità, sicché nella
sparatoria colpirono Piol al ventre. Ferrero, illeso, nel
sorreggerlo non poteva più sparare e ciò gli impedì di cercare a
sua volta la fuga.
Ferrero riuscì a trascinare Piol vicino ad un
carico di fieno, dove lo nascose.
Io, rimasto ormai da solo con l’oste all’interno
della trattoria, continuai a sparare quante cartucce avevo in
canna, finché l’esplosione di una bomba a mano gettata
attraverso la finestra mi procurò ferite al corpo ed al viso ed
un proiettile mi trapassò l’avambraccio.
I fascisti ne approfittarono per penetrare nei
locali della trattoria e per immobilizzarmi. Gli squadristi che
parteciparono a questa azione costituivano la formazione
‘Antipartigiana’.
Mi misero al muro per essere fucilato con il
proprietario del locale, perché accusato di collaborazionismo.
Io lo scagionai, assicurando che l’avevamo costretto a
procurarci il cibo.
Fu così liberato, però i fascisti fecero razzia
nell’osteria di tutto ciò che riuscirono a prendere. Il gruppo
di camicie nere aveva però fretta per il timore di essere
sorpreso dai miei amici partigiani che, essendo riusciti a
fuggire, avrebbero potuto riorganizzarsi e riattaccare, per cui
rimandarono l’esecuzione e mi portarono con loro”.
Il proprietario del locale scagionato dalla
testimonianza di Bruno Simioli era Rosso Emilio, partigiano
combattente della 43^ Div. S. De Vitis. |