EX INTERNATI

GLI INTERNATI MILITARI ITALIANI

(I.M.I.) e I DEPORTATI

 

 

Subito dopo l'8 settembre 1943 centinaia di migliaia di militari italiani furono catturati dai tedeschi e trasferiti nei lager del Reich. Violando le convenzioni internazionali, Hitler non li considerò prigionieri di guerra ma “internati militari” (I.M.I., Italienische Militärinternierte – Internati militari italiani) per poterli meglio sfruttare come schiavi nell'economia di guerra (per non riconoscere loro le garanzie della Convenzione di Ginevra), e infine, dall'autunno del 1944 alla fine della guerra, “lavoratori civili”, in modo da essere sottoposti a lavori pesanti senza godere delle tutele della Croce Rossa loro spettanti.. A più riprese fu loro offerta la possibilità di arruolarsi con i tedeschi o nelle forze armate della Repubblica di Salò, ma oltre seicentomila internati rifiutarono per venti mesi ogni collaborazione con la Germania nazista e la Rsi di Mussolini, scegliendo la “via del lager” invece del ritorno a casa: decine di migliaia di essi morirono per gli stenti, le malattie, le violenze.

Il contributo dei Militari Rivolesi ai “Seicentomila NO”

ALBERTINI PAOLO 1923 - ‘44  

ANDREOLETTI GIUSEPPE 1912 - ‘44

     
EMARCORA UMBERTO 1890 - ‘45  

FARSELLA STEFANO 1921 - disperso

     
MIGLIETTI ETTORE 1921 - ‘44   PEROTTO ANTONIO 1913 - ‘44
     
POCHETTINO TERESIO 1923 - ‘44  

PRELATO MARIO 1918 - ‘44

     
RAIMONDO FRANCESCO 1922 - ‘45   RUFFINO GIOVANNI 1925 - ‘44

LA TESTIMONIANZA DEI SOPRAVVISSUTI

REMO BUGNONE racconta l’arrivo al campo di Kustrin

“... Ero arruolato nell'aviazione e mi trovavo, l'8 di settembre, all'aereoporto di Reggio Emilia. A seguito di una tentata fuga per evitare l'arruolamento nell'esercito della Repubblica di Salò fummo presi e trasferiti a Mantova dove ci rinchiusero in un recinto dietro il cimitero degli Ebrei.

Eravamo migliaia e per dieci giorni non ebbimo né pane nè acqua ... Fummo quindi messi in fila per trasferimento in Germania ... fummo condotti fino a Kustrin sull'Oder”.

BRUNO SIMIOLI racconta come giunse al campo di Mauthausen

“... da Milano una tradotta ci portò fino a Mauthausen ... Arrivammo a Mauthausen al mattino ... dalla stazione dovemmo incamminarci verso Mauthausen dove ci divisero per gruppi ... toglievano gli occhiali a chi li usava e li buttavano su una "montagna di lenti" ormai spaccate. Veniva fatta spalancare la bocca e con un paio di tenaglie da fabbro strappavano letteralmente i denti d'oro ...”

 
 
 

Biografia tratta da “ Testimonianze sulla Resiste

 
 

 
 

 

 
 

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