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Gelindo
(classe 1901), Antenore (1906),
Aldo (1909),
Ferdinando (1911), Agostino
(1916), Ovidio (1918),
Ettore (1921).
Nati
a Campegine (Reggio Emilia), fucilati il 28 dicembre 1943 nel
poligono di tiro di Reggio Emilia, tutti Medaglia d'Argento al
Valor Militare alla memoria.
I fratelli
Cervi (il maggiore aveva 42 anni, il più giovane 22) e il
patriota Quarto Camurri, con loro rinchiuso prima nel carcere
dei Servi e poi in quello di San Tomaso, avrebbero forse potuto
salvarsi.
Dopo la
cattura i Cervi (il padre Alcide, già in età avanzata, dopo la
sparatoria e la resa, decisa per non coinvolgere le donne e i
bambini, era stato separato dai figli) erano stati a lungo
interrogati e seviziati dai fascisti ma non cedettero. Ad un
certo punto - si racconta - giunsero a dirgli: "Volete il
perdono? Mettetevi nella Guardia Repubblicana". Risposero: "No".
Nemmeno i quattro dei Cervi che erano ammogliati ed avevano
figli, compreso Gelindo che ne aveva un altro in arrivo,
cedettero. Allora li presero e li portarono tutti al poligono di
tiro.
Non si sa
quanto abbia pesato, nella decisione di non cedere, l'influenza
che Aldo, il più "politicizzato" dei Cervi, esercitava da anni
sui fratelli e sui contadini della zona, ai quali aveva
insegnato nuovi sistemi d'irrigazione. Aldo - scrisse Piero
Calamandrei - non perdeva occasione per educare se stesso e gli
altri. "Quando dopo molti anni di accanita fatica di braccia, la
famiglia Cervi poté permettersi il lusso di acquistare un
trattore, Aldo andò a prenderlo in consegna a Reggio: e sulla
strada che porta a Campegine i vicini lo videro tornare
trionfante, al volante della macchina nuova, sulla quale aveva
issato, come una bandiera internazionale, un gran mappamondo".
Oggi la loro casa di Campegine è stata trasformata in un museo.
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