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BOVES (Cuneo)
Eccidi
del 19 settembre 1943, del 31 dicembre
1943 e del 3 gennaio 1944
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L'eccidio
di Boves fu un massacro di civili innocenti compiuto come
rappresaglia dall'esercito nazista il 19 settembre 1943 e poi
tra il 31 dicembre 1943 ed il 3 gennaio 1944 a
Boves, (Cuneo).
Nel paese di
Boves, situato in provincia di Cuneo, si costituisce una delle
prime formazioni partigiane italiane: un reparto di militari
italiani, comandati dall'ufficiale Ignazio Vian, dopo l'8
settembre, si rifugia sulle montagne ed inizia una azione di
resistenza contro le truppe tedesche. La domenica 19 settembre
'43
un gruppo di partigiani sceso in paese a far provviste si
imbatte in una macchina con a bordo due soldati tedeschi,
catturandoli senza troppe difficoltà e conducendoli prigionieri
in montagna. I due facevano parte della divisione SS
Leibstandarte "Adolf Hitler", mentre sono già in arrivo da Cuneo
mezzi e militari che attaccano le postazioni partigiane.
Nello scontro
muore un soldato tedesco, il cui corpo viene abbandonato dai
compagni in ritirata. Le SS, comandate da Theodor Wisch e da
Joachim Peiper, occupano allora Boves, e convocano
immediatamente il parroco, Don Bernardi, e il commissario della
prefettura. Non trovando traccia di quest'ultimo, il suo posto
viene preso dal bovesano Antonio Vassallo. Ai due viene intimato
di organizzare un'ambasceria presso i partigiani, chiedendo la
restituzione degli ostaggi, pena la rappresaglia su Boves.
Il parroco
chiede al comandante tedesco di scrivere su un pezzo di carta
che avrebbe risparmiato il paese se la missione fosse andata a
buon fine. Ma il comandante risponde che non ce n'era bisogno e
che la parola di un tedesco valeva più di cento firme di
italiani. Con una macchina ed una bandiera bianca don Bernardi e
Vassallo risalgono la valle, superando vari posti di blocco
tedeschi, fino a raggiungere il luogo divenuto base dei
partigiani. Dopo una lunga trattativa, pur col dubbio di cedere
l'unica garanzia contro la rappresaglia tedesca, i partigiani
riconsegnano gli ostaggi con tutta l'attrezzatura e anche la
loro macchina. Al ritorno in paese del parroco e del commissario
con i due ostaggi e, tra l'altro, il corpo del tedesco caduto in
battaglia, le SS danno inizio all'eccidio.
A Boves molti
sono fuggiti in campagna, nelle ore e nei giorni precedenti, e
sono
rimasti principalmente anziani, invalidi,
donne e bambini.
Le SS incendiano il paese, circa 350 case la cifra ufficiale, e
uccidono 25 persone compresi il parroco don Bernardi e Vassallo
i quali, addirittura, vengono bruciati vivi.
A loro oggi sono
intitolati la Casa don Bernardi di Boves,la scuola media, due
strade nel concentrico. Anche il vicecurato don Mario Ghibaudo
di appena 23 anni verrà ucciso mentre aiuta vecchi e bambini a
fuggire e nell'intento di dare l'assoluzione ad un anziano
mentre sta morendo colpito da un tedesco. Quello di Boves è
stato uno dei primissimi episodi del sistema repressivo tedesco
che prevedeva azioni contro la popolazione civile in risposta
alle azioni partigiane e dei militari italiani.
Il secondo eccidio
Tra il 1943
ed il 1944 la città subì una seconda ondata di violenze;
in questo caso, l'esercito tedesco attuò dei rastrellamenti
nella zona montana di Boves per coprire la propria ritirata ed
evitare i "colpi" dei gruppi partigiani presenti in zona. Il
paese, soprattutto nelle frazioni montane, viene di nuovo dato
alle fiamme; i morti sono 59, tra civili e partigiani.
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