La sola forza politica legalmente
ammessa nella Rsi è il Partito fascista repubblicano
(Pfr), sorto dalle ceneri di quel Pnf messo fuori legge dal
colpo di Stato e nel quale si riconoscono coloro che rivendicano la
continuità ideologica con il regime e l’originario progetto
bellico.
A capo dello Stato e del partito c’è Mussolini,
ma l’evidente perdita di carisma di quest’ultimo
facilita da un lato l’esplodere della rivalità tra i
gerarchi e, dall’altro, accentua la subalternità della
Rsi ai tedeschi.
Il 15 novembre, il
governo di Salò cerca di formare un proprio esercito emanando
un bando d’arruolamento per i nati tra il 1910 e il 1924, ma
quest’iniziativa, che di fatto riguarda i 700.000 deportati
militari in Germania, fallisce poiché i tedeschi non
intendono rinunciare alla preziosa manodopera coatta e, inoltre,
nutrono forti dubbi sull’effettiva combattività dei prigionieri.
Il Reich favorisce invece
la formazione di un apparato che garantisca l’ordine pubblico,
costituito dalla Guardia nazionale repubblicana (Gnr), una sorta di
polizia militare che accosta ad elementi della disciolta Mvsn, le
Brigate nere, reparti speciali costituiti da membri del Pfr, e la
X Mas, un nucleo autonomo alle dipendenze personali del principe Junio
Valerio Borghese.