La fascistizzazione della società
Il debole radicamento culturale del fascismo suggerisce a Mussolini di pianificare la diffusione della propria ideologia, mediante la “normalizzazione” dell’editoria, della scuola e dell’università. Per quanto concerne l’editoria, esemplare è il caso de La Stampa, cui il proprietario e direttore Alfredo Frassati ha dato una linea liberale ed antifascista. Il giornale torinese è ripetutamente sequestrato dalla censura e sabotato nella diffusione, così da determinarne il fallimento finanziario; poi, prima che Frassati chiuda la testata, Giovanni Agnelli ne rileva la proprietà, nominando il cognato di Mussolini condirettore del quotidiano. Per ciò che riguarda la scuola e l’università, il fascismo fa leva sull’accentramento ministeriale delle iniziative didattiche e sul libro di testo unico, imposti dalla riforma Gentile, oltre che sul giuramento obbligatorio di fedeltà al regime, introdotto dal 1928 per subordinare i docenti. Quanto ai giovani, sono sottoposti
ad una formazione che li abitua ad una gestione della socialità
e del tempo libero – dalle attività sportive ai soggiorni
nelle colonie marine e montane, dall’indottrinamento ideologico
all’addestramento paramilitare- funzionale al regime: fino ai dodici
anni sono inquadrati nell’Opera nazionale balilla,
poi nei Fasci giovanili di combattimento, infine nei
Gruppi universitari fascisti. |
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