Nel maggio del 1921, la crisi economica,
il fallimento delle occupazioni, la divisione della sinistra e le violenze
di cui sono sempre più spesso protagonisti i fascisti convincono
il primo ministro Giolitti a convocare le elezioni politiche anticipate.
Gli schieramenti sono quattro: il Blocco nazionale,
sostenuto dalla Lega industriale, che raggruppa liberali, nazionalisti
e fascisti; il Partito popolare, espressione del mondo
cattolico; il Partito socialista; il Partito
comunista.
La vittoria del Blocco
nazionale evidenzia soprattutto la crisi della sinistra,
il cui elettorato è disorientato dall’esito negativo
delle occupazioni, oltre che dalla sempre più profonda frattura
tra riformisti e rivoluzionari.
Il Blocco nazionale ribadisce
d’altronde l’incapacità della borghesia di governare
il Paese: dopo febbrili trattative, Giolitti deve infatti prendere
atto dell’impossibilità di formare un esecutivo in
grado di risolvere la crisi del Paese. Indirettamente, la sua valutazione
è confermata dalla brevissima durata dei governi presieduti
dei liberali Ivanoe Bonomi e Luigi Facta, che, dal giugno del 1921
all’ottobre del 1922, non assumono alcun provvedimento al
di fuori dell’ordinaria amministrazione.

|