Il delitto Matteotti
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Il 24 maggio 1924, all’inaugurazione della Camera dei deputati, Giacomo Matteotti, segretario nazionale dei socialisti riformisti, denuncia con un fermo intervento le illegalità che hanno contraddistinto la campagna elettorale e le elezioni. Il giorno dopo, il quotidiano fascista Il Popolo d’Italia pubblica un articolo di risposta, che minaccia esplicitamente il deputato socialista. Il 10 agosto, Matteotti è rapito e sei giorni più tardi è ritrovato morto.L’assassinio provoca sdegno in tutta Italia, anche tra coloro che fino a quel momento hanno adottato un atteggiamento neutrale verso il fascismo. Scioperi e manifestazioni spontanee scoppiano ovunque, mentre tra gli stessi fascisti regna lo sconcerto, come evidenzia il fatto che la Mvsn, mobilitata a livello nazionale, risponde solo per un quinto dei suoi membri. Le proteste spingono Mussolini ad ordinare le dimissioni del responsabile della pubblica sicurezza, del sottosegretario all’Interno e del capo del proprio ufficio stampa, oltre che a rinunciare alla delega di ministro dell’Interno che ha esercitato fino a quel momento. Al tempo stesso, però, egli dispone la chiusura della Camera, allo scopo di evitare di dar voce all’opposizione, ed ottiene l’approvazione del Senato con 235 voti a favore. Il 27 giugno, l’opposizione, dai liberali
ai comunisti, abbandona il Parlamento e si ritira su quello che Filippo
Turati definisce “l’Aventino delle coscienze”. Tuttavia,
essa non trova unità al proprio interno: mentre i comunisti propongono
di mobilitare il proletariato, il resto dello schieramento si appella
al re affinché licenzi Mussolini, |
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