I rastrellamenti

 
 

BALBONI Ivo

Sono stato in mezzo a tre rastrellamenti. L’ultimo rastrellamento è stato alla fine di ottobre del ’44.

Il primo rastrellamento l’ hanno fatto partendo da Almese, Rubiana e il Colle del Lys e da Lanzo, nei due sensi.

Il rastrellamento veniva fatto solo sulle strade, non salivano sulla cima delle montagne dove le imboscate

erano più facili. Ogni tanto facevano qualche sventagliata con la mitraglia, qualche colpo di mortaio.

 
 

 
 

CARBI Guido

Un momento difficile è stato il 2 luglio del ’44, quando è avvenuto il rastrellamento, e non vorrei

raccontare quello che ho visto in quei giorni perché quasi mi vergogno per loro per quanto hanno fatto.

Il 2 luglio ero venuto giù a trovare i miei. Ancora una volta ho avuto fortuna perché non ero lassù

in combattimento. Il giorno seguente sono andato dove c’era stato l’eccidio di quei poveri ragazzi

cremonesi. Erano ventisei, ne sono stati uccisi tredici e sono stati buttati in un burrone. Ma li hanno uccisi

col calcio del fucile, non hanno sparato, poi hanno tolto loro il cuore e al suo posto hanno messo la camicia

rossa, hanno tagliato loro i testicoli dopo che erano morti. Per me sono bestie, non potrò mai dimenticare

quelle cose.

Il 23 febbraio del ’45 a Rivoletto ne hanno uccisi nove, tra i quali un bambino di undici anni. Era ancora

caldo quando l’ ho preso in braccio per caricarlo sul carro tirato da buoi insieme agli altri, l’ ho posato sopra 

e sono svenuto. C’è un monumento a Torino, in fondo a via San Donato, quasi in corso Tassoni, dedicato a

quel ragazzino, Luciano si chiamava.

 
 

 
 

FERRERO Elio

Nel giugno del 1944 è cominciato un grande rastrellamento. Noi dormivamo nei campi sulle balle di fieno e

nei boschi e quella notte già alle quattro del mattino abbiamo sentito sparare dei colpi. Siamo riusciti

a nasconderci vicino al campo di aviazione che c’era a Orbassano, ma nel rastrellamento sono stati catturati

due partigiani che non erano della nostra formazione e sono stati portati a Orbassano dove sono stati

impiccati subito.

Vicino al campo di aviazione c’erano delle fabbriche sorvegliate dai polacchi. Dopo aver nascosto le armi io e

il mio amico abbiamo chiesto di farci entrare e abbiamo saltato la rete alta due metri. Gli operai ci hanno

dato le tute e una carretta e così non ci hanno trovati. Dopo qualche giorno qualcuno li ha informati che

eravamo a Rivalta. In quattro avevamo deciso di nasconderci nel tetto della chiesa di San Sebastiano e ci

siamo rimasti otto giorni circa. Alcune persone ci preparavano un sacco con un po’ di pane e latte, lo lasciavano

dietro al castello di Rivalta e ogni sera mandavamo uno a ritirarlo.

Una sera sono partiti in due per prendere questo sacco. Verso mezzanotte, le due, io mi ero addormentato

sul tetto, sento il mio amico che mi dice di non muovermi perché la  chiesa era circondata dalle S.S.; erano

una ventina e continuavano il rastrellamento. Non sapevamo come fare, anche perché  aspettavamo quei due

che dovevano tornare e che fortunatamente non sono tornati. Dopo una mezz’ora abbiamo sentito il

comandante dire che non sarebbe arrivato nessuno e l’indomani abbiamo deciso di tornare in formazione

perché ci conoscevano tutti.

Nel novembre del ’44 hanno incominciato un rastrellamento interminabile in tutta la nostra zona, da

Pinerolo fino alla Valle di Susa. Eravamo tutti accerchiati, non si poteva uscire e quelli che venivano presi

erano fucilati sul posto. Noi della Volante non volevamo farci prendere, non c’era più nessuno che girava per

le montagne, c’eravamo solo noi. Allora la notte del 27 novembre in trenta siamo venuti a Coazze e

abbiamo lasciato il camion al cimitero. Era una notte con una luna  grandissima e ci siamo incamminati

verso Trana, ma sulla strada che da Trana va ad Avigliana  c’era un posto di blocco con due tedeschi

che avevano acceso un fuoco. Siamo passati in mezzo ai due fuochi uno dietro l’altro in trenta, senza

far rumore; forse i tedeschi dormivano perché erano le due di notte. Siamo rientrati dall’accerchiamento

e siamo andati a Reano, dove il nostro compito era quello di  attaccare e di ritirarci. 

Finito il rastrellamento eravamo pronti a scendere dalla montagna quando gli americani ci hanno fatto un

lancio. I tedeschi, pensando che le armi lanciate servissero per entrare dalla Francia e occupare questa

zona sono arrivati su coi Tigre. Siamo riusciti a prendere le armi e a nasconderle, ma non siamo potuti

rimanere in montagna perché in ogni piazza c’era un comando tedesco. C’è stato un grande sbandamento

tra i partigiani. In quel periodo sono stati catturati Fassino e il fratello di Piera Leone, che poi è stato

fucilato. Io sono stato catturato e condannato a morte dai fascisti.

 
 

 
 

FILIPPINI Corrado

Noi eravamo guidati dal C.L.N. e a Rivoli parecchie persone facevano parte di questo comitato di liberazione;

le donne che andavano nelle caserme a portare da mangiare ai tedeschi ci avvisavano quando sentivano

di qualche  rastrellamento.

Se non ci avessero avvisati saremmo stati tutti ammazzati nell’ultimo rastrellamento che hanno fatto a

febbraio a Val della Torre. Di notte ho portato il gruppo che comandavo a Sciolze, abbiamo attraversato

tutta Torino, il Po, siamo andati dall’altra parte e ci siamo salvati.

Il 2 luglio del ‘44 io andavo in motocicletta al Colle del Lys perché dovevo avvisare il comandante Orlandino

che era a capo della 142° nella Valle di Lanzo che stavano arrivando i tedeschi. Prima di Mompellato, io

non sapevo che erano saliti di là ed avevano già massacrato un mucchio di gente, quando sono arrivato alla

curva mi hanno sparato e mi sono buttato con la moto giù per la scarpata.              

Al Colle del Lys c’era un distaccamento di partigiani quando è avvenuto il rastrellamento. 

Quando hanno fatto il rastrellamento sono saliti da Val della Torre, hanno attraversato Buoncomposita.

Sono arrivati vestiti con le tute mimetiche e con il fazzoletto rosso. I nostri ragazzi erano scesi verso

il piazzale perché avevano sentito degli spari e non pensavano che altri tedeschi fossero venuti su dalla Valle

di Lanzo perché erano ancora in basso, verso il Ferro. Hanno lasciato che i partigiani si avvicinassero, non

si sono mossi e quando sono arrivati a tiro hanno cominciato a sparare. I nostri erano disarmati,

non avevamo armi per tutti.

Alcuni sono stati uccisi; altri si sono buttati a terra e sono stati fatti prigionieri. Li hanno portati in

un posto che chiamano la fossa, lì dove hanno fatto il monumento; li hanno fatti camminare cinque, sei alla

volta per cinquecento metri sul sentiero che portava a un buco, a un pozzo, e poi hanno sparato.

Ne hanno ammazzati ventisette.

 
 

 
 

LEINA Marietta

Al primo rastrellamento del 2 luglio del '44 al Colle del Lys quei ragazzi si sono sparpagliati tutti.

Per un po' sono stati a casa e non era facile riorganizzarsi di nuovo. Mio fratello Gino usciva magari di

sera tardi, di notte, vestito camuffato, e la sua raccomandazione era sempre di non dire che lui era in casa.

E’ mancato il 29 marzo del '45. Quel giorno mia sorella era andata a Val della Torre a portargli dei vestiti.

Lei non sapeva niente e quando è arrivata sul piazzale ha visto i compagni che piangevano perché avevano

saputo della disgrazia. Il mattino erano partiti da Val della Torre ed erano arrivati fino a Favella;

dovevano andare al comando, forse a portare qualcosa da mangiare.

Era una mattina con molta nebbia e quando hanno incontrato un ragazzo gli hanno detto di fare

attenzione perché c’era in giro la Repubblica. Questo ha sparato, sono stati tutti circondati e hanno

avuto parecchie ore di combattimento. Erano in sei, c'era anche il comandante Deo con tanti ragazzi

che venivano da Cremona.

Sono morti tutti, Gino è stato ferito con cinque colpi alla gamba. Però lui si è sparato, per morire, perché

tanto se ti prendevano era peggio, c’era la tortura.

 
 

 
 

MACARIO Giovanni

Quando in montagna avvenivano i rastrellamenti, i partigiani   scappavano e si nascondevano a casa oppure

nei boschi di Rivoli, poi tornavano su quando erano finiti.

Nel ’44 anche mio fratello Vincenzo è scappato in montagna, perché ogni quindici, venti giorni le brigate

nere venivano a casa nostra a cercare armi o partigiani da arrestare. Una domenica sono venute le brigate

nere e hanno arrestato mia madre, la mamma e il papà di Neirotti Aldo e un contadino che aveva ospitato un

partigiano, però li hanno rilasciati dopo pochi giorni. Li hanno portati a Torino, alla caserma Cavalli.

Solo mia madre è rimasta trentanove giorni in carcere. Le si erano gonfiate le mani per il freddo.

Avevano detto a mia madre che l’avrebbero lasciata libera se mi fossi presentato io, ma mia madre non ha

voluto perché ero ancora un ragazzino.

Dopo una settimana o due i fascisti hanno circondato il paese di Tetti e hanno arrestato i miei due fratelli

e altri quattro partigiani, in seguito a una delazione. Li hanno presi a casa; mio fratello Dante lavorava  in

quel periodo e l’altro mio fratello l’ hanno arrestato mentre dormiva. Sono arrivati in piena notte;

abbiamo sentito degli spari e allora i miei fratelli si sono messi subito in allarme per scappare ma non

hanno avuto tempo perché la casa era circondata.

Da quel momento non abbiamo avuto più nessun contatto, li hanno tenuti una settimana.

Poi quel giorno ci hanno detto che avevano fucilato dei partigiani a Druento e allora mia cugina e la fidanzata

di mio fratello sono andate a vedere e li hanno trovati lì.  Era il 23 gennaio del ’45.

Una volta mi hanno arrestato durante un rastrellamento. Mi hanno portato a Orbassano dove hanno fatto

una selezione. Non avevo ancora quindici anni e mi hanno lasciato andare. Quello stesso giorno hanno

impiccato un partigiano.

Il 15 giugno del ’44 a Prese Garello, in Val di Susa, c’è stato un rastrellamento durante il quale

Giovanni Carassio è stato ferito gravemente.

 
 

 
 

MONDON Cesare

Ero nella formazione Garibaldi, commissario politico di un distaccamento a Madonna della Bassa.

Abbiamo girato vari posti, Pra du Col, Val della Torre. 

Io sono stato ferito alla testa il primo gennaio del ’45, ho avuto dei grossi problemi. Durante il

grande rastrellamento del 10 gennaio del ’45 siamo ritornati in bassa valle e, come ho detto, sono

stato ricoverato per questi problemi.

La notte del 4 aprile del 1945 ci siamo trovati in mezzo al fuoco. Noi scappavamo e ci sparavano dietro;

ci hanno massacrato e io ho preso sei pallottole. Gli altri tre sono morti. Quando i tedeschi sono arrivati, io

sono caduto e ho fatto un po’ di scena. Mi hanno lasciato lì, sono scappati via perché erano in zona partigiana,

anche loro avevano paura.

Mi hanno portato a Val della Torre e poi Lucia Baudano, con i documenti falsi del Comitato di Liberazione,

mi ha trasportato dentro una bara fino all’ospedale di Rivoli.

Mi hanno nascosto nelle cantine e la mia vita partigiana è finita lì. Dopo dieci giorni di questa via crucis il

14 aprile sono arrivato all’ospedale di Rivoli.

 
 

 
 

BRANCA

Delle formazioni nostre partigiane hanno attaccato i fascisti e i tedeschi a Cumiana. Un partigiano è morto

e due o tre sono stati feriti, però abbiamo preso  venti o trenta prigionieri, non ricordo più, e li abbiamo

portati nella nostra vallata, in Val Sangone. Quindici o venti sono morti lì sul posto, perché li

abbiamo attaccati. Allora i tedeschi hanno fatto la rappresaglia. Hanno preso 58 abitanti e hanno detto che

li avrebbero fucilati se non avessimo riportato i prigionieri. Allora non c’ era il telefono e ci voleva del

tempo perché qualcuno arrivasse da Cumiana in Val Sangone ad avvisare i comandanti partigiani, per

restituire i prigionieri ed evitare questo sterminio. Nel frattempo Nicoletta si era offerto di andare con

il parroco e il medico a Pinerolo per cercare di mitigare il male già fatto. Non so se per un ritardo di

pochi minuti, o di un giorno o perché il tenente tedesco era ubriaco gli abitanti di Cumiana sono stati uccisi.

La Guardia Nazionale Repubblicana si è rifiutata di sparare contro dei civili. Allora questo tenente tedesco

ha bevuto una bottiglia di cognac e poi li ha uccisi tutti personalmente. 

 
 

 

PARACCA Gina

A Coazze fucilavano tutti quelli che prendevano, senza interrogatorio, anche se erano disarmati.

Li torturavano per farli parlare, perché dicessero dove si trovavano gli altri compagni e poi li ammazzavano.

I miei fratelli quando sono stati presi non avevano un’arma addosso.

Ho saputo che i miei fratelli erano stati presi nel rastrellamento e che li avevano portati a Rivoli alla

Casa Littoria. Mi sono precipitata lì per vederli ma non mi hanno dato il permesso. Di fronte, nella casa di

Graffi, dalla finestra di una cella, ho visto Elio Ferrero. Mi ha fatto un cenno con la mano di guardare verso

la scaletta della Casa Littoria. Così ho visto in fondo a quella scaletta un finestrino e ho capito che i miei

fratelli erano nelle cantine. Lì c’era una sentinella  e quando questa è andata giù io piano piano ho camminato

dietro di lei e poi ho preso le scale e sono scesa. Ho chiamato i miei fratelli e loro si sono fatti vedere. Erano

stati picchiati forte, li avevano torturati. E allora Tonio mi ha detto di andare da Nicoletta, il comandante,

per far fare il cambio. Sono andata persino dal comandante Barbato a Pinerolo. Si illudevano che ci

potesse essere lo scambio, invece purtroppo li hanno trasferiti a Bussoleno e da Bussoleno alle casermette

di Rivoli… e lì li hanno uccisi.

Mi sembra ancora di sentire le grida di Tonio che urlava:”Non voglio morire, non voglio morire”.

Hanno fucilato Tonio e hanno graziato il più piccolo, ma lui non sapeva. Allora sono andata alle casermette,

ho fatto la coraggiosa anche in quella occasione. Sapevo che lì nella cantina c’erano i ragazzi, mi sono avvicinata

a un finestrino, ho urlato il nome di mio fratello Geppe e quando lui è venuto al finestrino gli ho detto di

stare tranquillo perché era stato graziato.  E lui piangeva, poverino. 

 

 

SIMIOLI Abe

Quando c’è stata la spiata per mio padre sono uscito di casa e mi hanno messo in mezzo ai due fratelli più

piccoli per farmi scaldare perché era inverno e faceva freddo. Avevo quattordici anni, andavo verso i

quindici. Stavo dormendo quando è venuto mio padre con Bellettati e Venturello. Erano andati a prendere

una mucca o un vitello per macellarlo e io e Giovanni Bellettati dovevamo portarlo in montagna con gli

zaini. Invece  in seguito alla spiata  sono arrivati i fascisti.

Sono venuti in casa cercando “lo zoppo”. Sbagliavano persino a dire il nome di mio padre e mia madre ha

detto: ”Grazie al Signore mio marito cammina bene, però non so, è una vita che è via.” Avevamo la luce

della cantina accesa e non appena mia madre l’ ha spenta i fascisti hanno subito pensato che fossero lì dentro.

Li hanno presi e  portati alla Casa Littoria dove li hanno torturati e a mezzogiorno li hanno fucilati.

Sono riuscito a scappare dal Tavolata dalla finestra e poi da lì attraversando un fosso sono andato verso i

Tetti sotto gli spari della mitragliatrice. Volevo andare dai Macario per avvertire di quello che stava

succedendo ma avevano preso già anche loro e i Neirotti. Li avevano portati alla Casa Littoria e poi a

Druento dove li hanno fucilati.

 

 

SIMIOLI Bruno

Quando facevano un rastrellamento il nostro compito era di non sparare e di scappare perché se ci mettevamo

a sparare contro i fascisti o i tedeschi questi bruciavano le case dei montanari, e invece noi avevamo bisogno

del loro aiuto. Durante i rastrellamenti andavamo dalla parte del Col del Lys e quando tutto era finito

tornavamo al nostro posto.

Siamo andati poi a Rivalta e lì è successo un guaio: aspettavamo che venissero a prenderci perché avevamo le

armi ma il camion si è rotto.

C’è stata una spiata e mentre mangiavamo in una piola la casa è stata circondata. Noi eravamo vestiti da tedeschi

e loro da partigiani. Hanno cominciato a sparare con le mitraglie e hanno lanciato una bomba; io sono stato

ferito e anche Augusto Piol e poi è morto. Mi hanno preso, hanno fatto finta di fucilarmi sparando alto.

Poiché ero vestito da tedesco mi hanno portato alle Nuove, al primo braccio. Voleva dire che eri

condannato, perché alla prima dimostrazione che c’era ti prendevano e ti fucilavano.

In piazza Statuto era scoppiata una bomba ed erano stati uccisi due o tre tedeschi. Hanno detto che erano

stati i partigiani, ma erano stati gli stessi tedeschi che, ubriachi, avevano fatto scoppiare questa bomba.

Sono venuti a prendere me e altri e ci hanno portati in Via Cibrario per fucilarci.

Quando ci hanno caricato su un camion c’era frate Ruggero e un tedesco che faceva da interprete e che

io conoscevo perché era ingegnere al cotonificio Leumann.

Questi ha parlato al maresciallo tedesco dicendo che da noi non si fucilavano i feriti, ma si aspettava che

fossero guariti. Allora mi hanno preso e mi hanno buttato di nuovo nel camion come un sacco. Ho sentito che

gli altri li hanno fucilati.    

Mi hanno portato all’infermeria dove sono stato curato alla buona e poco tempo dopo sono arrivati diversi

miei amici, Geppe e anche mio padre.   

Era venuto don Luigi, ma hanno detto che non potevano fare il cambio con me perché ero vestito da tedesco e

hanno fatto lo scambio con altri sei partigiani. Tra parentesi lì c’erano anche Luigi Farsella e altri partigiani

di Rivoli. Così sono finito a Mauthausen.

   
 

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RASTRELLAMENTI 

  • 6 ottobre 1943: rastrellamento a Val della Torre.
  • 10 marzo 1944: rastrellamento al Col del Lys.
  • 4 aprile 1944: rappresaglia da parte dei tedeschi e uccisione di 57 civili a Cumiana.
  • 6 aprile 1944: i tedeschi uccidono alla Mortera di Avigliana Mario Neirotti (Sabet) e Arduino Piol.
  • 10 maggio 1944: rastrellamento a Coazze. I tedeschi danno fuoco alla borgata di Forno di Coazze.
  • 27 maggio 1944: i tedeschi fucilano 41 ostaggi a Giaveno, Coazze e Selvaggio.
  • 30 maggio 1944: cattura a Rivoli di Ciro Giordano, Secondo Simioli, Giuseppe e Mario Rebecchi.
  • 2 luglio 1944: strage del Col del Lys; i nazifascisti uccidono 26 partigiani.
  • 15 agosto 1944: rastrellamento al Falattone e alla Morra.
  • Settembre 1944: rastrellamento nelle Valli di Lanzo:
  • 5 ottobre 1944: eccidio di Rivalta; uccisione di Luigi e Giovanni Ferrero, ferimento di Augusto Piol che muore dopo alcuni giorni.
  • 26 novembre 1944: rastrellamento tedesco tra Trana e Avigliana.
  • 29 dicembre 1944: fucilazione in Piazza Martiri a Rivoli di Giuseppe Venturello, Decimo Bellettati ed Egisippo Simioli.
  • 10 gennaio 1945: rastrellamento al Col del Lys.
  • 17 gennaio 1945: cattura dei fratelli Paracca ai Cervelli.
  • 23 gennaio 1945: fucilazione a Druento dei fratelli Macario, Aldo e Michele Neirotti.
  • 25 febbraio 1945: fucilazione di Antonio Paracca e Carlo Leone.
  • 4 aprile 1945: eccidio di Rubiana. Uccisione di Piero Rolle, Ugo Bonaudo e Clemente Cometto. Mondon, ferito, è trasportato all’ospedale di Rivoli.
  • 30 aprile 1945: eccidio di Grugliasco.

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