Il 25 aprile '45

 
 

BALBONI Ivo

Il 25 aprile ero alla Sirena. Eravamo armati perché avevano detto che delle Brigate Nere in fuga sarebbero passate di lì. Volevamo soprattutto evitare che facessero dei vandalismi. Fortunatamente non sono arrivate.

La Sirena era un albergo, adesso c’è una banca. Noi sorvegliavamo la piazza dalle camere.

 
 

 
 

BAUDANO Lucia

La sera in cui se ne sono andati i tedeschi dopo aver minato il Castello per farlo saltare mio papà mi ha mandato ad avvisare le suore (io allora frequentavo l’istituto “Salotto e Fiorito”) perché doveva andare con gli altri a vedere cosa poteva fare per fermare un gruppo di pazzi che volevano attaccare la colonna tedesca.

Allora le suore accoglievano nell’istituto le bambine orfane e le figlie di ragazze madri.     

Così le suore hanno portato le bambine nel sottopassaggio che andava dall’altra parte della villa; qualcosa è bruciato ma non ci sono stati gravi danni.

Al momento di andarsene i tedeschi hanno portato via tutto quello che c’era al Castello, non hanno lasciato nessun arredo o quadro.

 
 

 
 

BELLETTATI Augustina

Il 25 aprile, la Liberazione, per me è stato un gran piangere, perché pensavo a tutte le persone che non c’erano più.

 
 

 
 

BUROCCHI Lorenzo

Ora noi festeggiamo il 25 aprile, ma questa è una data simbolica. Torino era già libera, i partigiani erano andati a Torino, qui ne erano rimasti pochissimi. Noi ci siamo liberati il 1° maggio. Nella notte eravamo stati accolti dalle suore nel rifugio dell’istituto Salotto e Fiorito. Poi è arrivato il C.L.N. e Vecco ha detto che era meglio andarsene perché potevano arrivare i tedeschi e avremmo messo in pericolo la vita delle suore e delle ragazze. Allora abbiamo deciso di andare a liberare il Castello.

Prima di ritirarsi i tedeschi avevano ammucchiato tutte le armi che non potevano portarsi dietro sul piazzale verso San Martino e gli avevano dato fuoco, di modo che le bombe scoppiando lanciavano pallottole e altre bombe.

Mi ricordo che una di queste ha attraversato tutta la discesa di San Martino, la piazza, la chiesa, ed è andata a cadere sulla casa di Jona. Si sentivano le bombe scoppiare, ma non sapevamo se c’erano i tedeschi.

 
 

 
 

CARBI Guido

Nella notte tra il 24 e il 25 aprile del ‘45 il mio distaccamento ha occupato l’Aeronautica a Torino.

Naturalmente quei giorni sono stati esaltanti per noi, andavamo incontro alla fine della guerra, non pensavamo che ci sarebbe stato un poi, di dover tribolare per vivere di nuovo. Pensavamo a festeggiare quei momenti, dopo tante cose brutte che avevamo visto in montagna. L’accoglienza degli operai dell’Aeronautica è stata una cosa bellissima perché ci hanno portati in trionfo. Non abbiamo avuto grandi scontri quando abbiamo occupato l’Aeronautica, l’abbiamo difesa fino alla fine della guerra, e il giorno dopo si poteva lavorare perché non è stato rotto niente.

Il 29 aprile del ’45 è passata la colonna, la sesta armata tedesca, che veniva da via Guido Reni e piazza Massaua e passando per corso Francia si dirigeva verso Grugliasco e Collegno, dove hanno fatto poi quell’eccidio. Io ero con sei ragazzi sopra la palazzina dell’Aeronautica, dove c’era l’officina; avevamo tre mitragliatrici ed eravamo tutti armati di armi automatiche. Quando sono passati i tedeschi qualcuno ha detto di sparare, ma io ho detto di non farlo, altrimenti nessuno di noi ne sarebbe uscito vivo. Anche quella volta è stata l’intuizione a salvarmi la vita, come in tante altre occasioni; non so se fosse buon senso o paura.

Il 30 aprile, il giorno del massacro, siamo venuti a parlamentare con i tedeschi sul cavalcavia di corso Francia. Quando dovevamo fare lo scambio tra prigionieri tedeschi e prigionieri partigiani ci hanno accerchiati e volevano farci prigionieri. Mio fratello che era con me dopo essere scappato dalla Germania ha detto di fuggire per non farsi prendere e così anche quella volta ci siamo salvati, perché se ci prendevano ci ammazzavano come hanno ammazzato gli altri.

Siamo scappati per la ferrovia in direzione dell’Aeronautica. 

 
 

 
 

FILIPPINI Corrado

Alla Liberazione eravamo già scesi dalla montagna. Quando è successo il fatto di Grugliasco, io facevo un po’ da staffetta perché conoscevo diversi partigiani da una parte e dall’altra. Mi ero fatto fare un documento da cui risultava che lavoravo, perché mi avevano detto che non si poteva più stare a Val della Torre e al Colle del Lys dove avevano messo delle truppe.

Mi ricordo che quando hanno occupato Torino dovevo tornare a Rivoli per parlare con delle persone e sono passato da Grugliasco. L’indomani è arrivata la divisione tedesca dalla Francia; stava ritirandosi ma non voleva arrendersi ai partigiani perché temevano la vendetta di quelle persone a cui avevano bruciato le case e ammazzato i familiari. I tedeschi passavano da Grugliasco per prendere poi l’autostrada per il Veneto per andare in Austria.

Tanti fascisti, quando hanno visto che non c’era più niente da fare, hanno buttato via le armi e nessuno andava a cercarli, perché quello che era stato era stato.   

Tutti i ragazzi festeggiavano contenti perché la guerra era finita e sparavano.

I tedeschi hanno creduto che fosse un attacco; erano circa mille uomini, con carri armati e autoblindo e li hanno circondati. Ne hanno presi sessantasei e li hanno fucilati. È stata proprio una bestialità uccidere della gente che non aveva fatto niente.

 
 

 
 

LEINA Marietta

Quella sera una colonna di tedeschi è arrivata a Grugliasco, verso le undici.

Don Caustico, penso fosse un prete partigiano, era venuto ad avvisare la gente di tornarsene a casa, se erano nelle osterie.

I tedeschi arrivavano da Torino. Sono andati a colpo sicuro, nell’osteria dietro al comune, la chiamavano la Casa del Popolo. La gente che era lì, quando si è accorta che arrivava questa colonna, ha spento le luci e chiuso le porte. I tedeschi con il calcio del fucile hanno buttato giù le porte e hanno incominciato a picchiare a destra e a sinistra e già lì li hanno torturati. Man mano che li prendevano li portavano nel convento dei frati maristi che era lì vicino. Poi sono andati nell’alloggio della guardia del Comune. Hanno preso lui e volevano prendere anche il figlio di quattordici anni che era nel letto che dormiva, ma la madre ha implorato di non portarlo via e probabilmente uno di questi frati ha convinto i tedeschi perché il ragazzo si è salvato.

Nella notte i tedeschi hanno fatto tutto il viale di Grugliasco e sono arrivati alla Gil, dove questi ragazzi erano andati a dormire.

Nella notte noi sentivamo gli spari; mia mamma era preoccupata per Agostino e nessuno di noi è riuscito a dormire, tutti si piangeva disperati.

Il mattino le mie due sorelle di tredici e sedici anni sono partite e sono andate a Santa Maria con un fazzoletto bianco in segno di resa, perché c'era stato anche il coprifuoco. Era un disastro lì, perché era passata questa colonna e aveva bruciato delle macchine. In via Oberdan c'era una famiglia che noi conoscevamo e mia sorella è andata a chiedere cosa era successo nella notte. La signora Netta ha raccontato che tutti i ragazzi che erano lì, più di una trentina, erano stati presi e due erano stati uccisi subito. Quando ha saputo che mia sorella cercava Agostino le ha detto: “Figurati! E' un bambino, e anche se lo hanno visto, gli hanno dato uno schiaffo e l’ hanno mandato a casa. E se non è arrivato a casa vedrai che si sarà nascosto in mezzo alla segala”.

Invece erano gia stati presi e prima delle nove del mattino li avevano messi tutti in colonna e li avevano portati a Grugliasco.

Questo è successo il 29 aprile, la domenica notte, e il lunedì mattina sono stati uccisi. Questi ragazzi erano più di sessanta, li hanno presi e portati dove adesso c'è il mercato di Grugliasco, alla rotonda. Gli ostaggi sono stati divisi in tre gruppi; lì all’angolo ne hanno lasciati venti, gli altri sono stati portati nella campagna vicina e li hanno fucilati. Gli hanno tolto la cintura dei pantaloni e gli hanno legato le mani, così cadevano anche i pantaloni. I tre sopravvissuti si sono salvati perché, colpiti di striscio, si sono rifugiati in mezzo alla segala nel campo a cento metri di distanza. 

 
 

 
 

LEONE Pierina

Alla Liberazione c’era euforia e nello stesso tempo tristezza per i nostri morti. Certo che quando è successa questa cosa, non le dico… Pensi che i partigiani hanno preso sei fascisti e li hanno fucilati in piazza Grande. Hanno detto che i parenti dei partigiani potevano assistere se volevano. Un militare mi ha guardato e ha visto che avevo la medaglia al collo con la foto di mio fratello. Mi ha detto che era stato un suo militare in Francia. Volevano che assistessimo alla fucilazione, ma io non ho potuto guardare.

 
 

 
 

MACARIO Giovanni

Alla Liberazione abbiamo sentito il messaggio speciale di Radio Londra che diceva: “Aldo dice 26 per 1” che era il segnale d’inizio dell’insurrezione. Siamo andati subito a occupare la fabbrica, sono venute fuori le armi da tutte le parti, non so dove erano nascoste. I partigiani sono scesi dalla montagna per liberare Torino, gli alleati hanno sfondato la Linea Gotica e sono venuti su, insomma è stata la Liberazione.

Ma dopo il 25 aprile i tedeschi hanno ucciso sessantasei civili a Grugliasco mentre erano in fuga. Tra loro c’era un mio amico.

 
 

 
 

MONDON Cesare

Il 25 aprile, alla Liberazione, io ero ancora in ospedale.

Pensi che mi chiamavano il miracolato di Rubiana. Venivano in centinaia a trovarmi. C’erano i vigili che facevano passare poche persone alla volta, mi vedevano tutti come un miracolato. 

 
 

 
 

NICOLETTA Giulio

Alla Liberazione siamo partiti da Giaveno e siamo andati a Rivoli, e poi passando da Trana e Orbassano siamo arrivati a Torino e abbiamo contribuito alla sua liberazione. Siamo entrati nella caserma Monte Grappa.

 
 

 
 

PARACCA Gina

Il 25 aprile erano tutti felici e contenti che ci fosse la liberazione. Ricordo che ero in casa e sentivo tutti che gridavano. Allora mi sono affacciata sul balcone e ho visto quelli della casa di Tavolata che urlavano che era arrivato Ribelle. Mi sono messa a piangere dalla gioia e dalla disperazione perché ho pensato che arrivava dal campo di concentramento e avrebbe saputo che suo padre era stato fucilato.

 
 

 
 

SIMIOLI Abe

Alla Liberazione si è formato una colonna che veniva dal cimitero verso Rivoli e quando ci hanno avvisato siamo usciti tutti. Gli altri sono passati dietro, dalla strada che arriva dal cimitero, io invece ho fatto il giro da via fratelli Macario e i tedeschi me li sono trovati proprio di fronte, con le pistole e il parabellum puntati contro ed ero solo. Mi sono guardato indietro ma non c’era nessuno, poi ho visto spuntare i miei compagni. 

Li abbiamo fatti prigionieri e li abbiamo portati alla F.I.L.P. C’era una donna, più carogna di tutti, che ha cercato di prendere un mitragliatore che era sul sedile della macchina. Fortunatamente Riccardo Augusto l’ ha vista, le ha dato un colpo con il moschetto e le ha tolto l’arma.

Questa è stata l’ultima impresa, poi c’è stato il disarmo. Abbiamo fatto la polizia del popolo. Bisognava consegnare le armi al posto di blocco dove c’era la caserma dei carabinieri. Era venuto Emilio Francia a dirci di consegnarle ma io volevo tenerle per ricordo. Allora ho nascosto l’arma in cantina. Quando mi hanno chiamato ho detto di averla buttata nella Dora, dove c’è il girello. I carabinieri mi hanno chiamato due o tre volte ma io ho sempre detto di averla buttata perché non volevo vedere più armi e così mi hanno lasciato libero. Avevo anche un tapum, il fucile dei tedeschi, e anche quello l’ ho messo nella legnaia. Dopo la Liberazione i fascisti venivano a parlare in piazza Martiri della Libertà e allora noi fratelli, Piovano e tutti gli altri andavamo a dar botte per farli scappare. Così arrivava la celere, casini che non finivano più; sempre così, contro i fascisti per non farli parlare. Sono poi riusciti a parlare in via fratelli Piol, sulla piazza del giornalaio, ma in piazza Martiri non hanno mai più  parlato.

 
 

 
 

SIMIOLI Bruno

Anche dopo la Liberazione ci sono state delle lotte; alcuni hanno avuto dei familiari uccisi e tanti dicevano, come adesso, che noi partigiani avevamo continuato a uccidere gente anche dopo la Liberazione.

È stato così, ma se tu avessi saputo che quel tizio aveva ucciso tuo padre cosa avresti fatto? Certo, passati alcuni anni li abbiamo perdonati.

Alla Liberazione Togliatti ha fatto quella legge con la quale concedeva il condono ai fascisti, perché cominciavano a fare dei processi anche contro noi partigiani. L’8 settembre i nostri generali, capitani e colonnelli non li abbiamo visti. Erano spariti tutti e sono tornati dopo la Liberazione  e hanno ripreso a comandare. E questa gente faceva i processi a noi partigiani, diceva che noi avevamo rubato e ucciso.

 
   
 

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