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La 17^ Brigata Garibaldi

Né l’inverno né i frequenti rastrellamenti stroncarono il movimento partigiano, che anzi riprese nella primavera ad ostacolare con rinnovata energia la presenza nazifascista. D’altra parte, la notizia dello sbarco ad Anzio (22 gennaio 1944) e della ripresa dell’avanzata degli anglo-americani faceva sperare in una rapida fine della guerra. E la formazione del governo di unità nazionale (22 aprile) rafforzava ulteriormente questa convinzione. Il risultato fu un susseguirsi di azioni a un ritmo addirittura incalzante, dando quasi l’impressione che il movimento partigiano fosse sul punto di assumere il pieno controllo di tutto l’arco alpino e di “traboccare a valle”.
Nell’immediato, tuttavia, il problema fu quello di ridefinire l’assetto delle bande, le cui file si erano ingrossate dopo la ripresa del bando d’arruolamento della Repubblica sociale (18 febbraio), e le rispettive aree operative. In genere, fu adottato un modello organizzativo di tipo militare tradizionale, a struttura piramidale: l’unità minima era la squadra (a volte divisa in nuclei), costituita dai dieci ai venti uomini; tre squadre formavano un distaccamento (o compagnia); tre distaccamenti formavano un battaglione; tre battaglioni una brigata; più brigate sottoposte ad un unico comando una divisione. Questa struttura era comunque spesso disattesa a favore di una organizzazione più flessibile, modellata sulle esigenze del momento.
Contemporaneamente, cominciò anche la differenziazione politica delle varie formazioni: non ancora per una consapevolezza che i singoli partigiani avrebbero acquisito solo in autunno, ma per il collegamento ai partiti politici favorito dai contatti personali dei comandanti e degli elementi che già prima della Resistenza avevano militato nelle fila dell’antifascismo.
La maggior parte delle formazioni operanti nella bassa valle di Susa si costituì come Brigate d’assalto Garibaldi, prevalentemente collegate con il Partito comunista d’Italia. Il termine “brigata” intendeva segnare il superamento della fase spontaneistica della guerra partigiana e il passaggio a una organizzazione più strutturata di dipendenza tra le varie unità operative e i livelli superiori, ossia con gli organi politici del partito, mentre l’espressione “d’assalto” voleva eliminare ogni incertezza o dubbio sulle finalità della lotta contro i nazifascisti. Caratteristica peculiare delle brigate “Garibaldi” era poi la presenza a fianco del comandante militare di un commissario politico, il quale doveva occuparsi della formazione dei partigiani, dei rapporti con la popolazione civile e della propaganda.
Nel mese di marzo, le bande presenti nell’area tra Mocchie, il colle del Lys, Col san Giovanni e Val della Torre diedero vita alla 17a Brigata d’assalto Garibaldi, intitolata a Felice Cima, che aveva guidato in zona la fase iniziale della Resistenza. Affidata alla guida di Alessio Maffiodo, Pierino Bosco, Giuseppe Kovacic, Vittorio Blandino, Carlo Borgesa e Tullio Lebole, la “Felice Cima” si schierò su un’area piuttosto ampia sulla destra orografica della valle, che andava da Condove ad Alpignano, Rivoli, Val della Torre, San Gillio, Givoletto, Druento. Squadre locali erano poi presenti in quasi tutti i Comuni e nelle fabbriche. Dalla fine di giugno, la “Felice Cima” fu inquadrata nella III divisione Garibaldi.