L’antifascismo negli anni Trenta
Nel 1929, Carlo Rosselli fonda a Parigi il movimento Giustizia e Libertà (Gl), orientato a coniugare il liberalismo democratico gobettiano con il socialismo, mentre cinque anni dopo, nella stessa capitale francese, il Pcd’I e lo Psi superano le vecchie lacerazioni stipulando un patto d’unità d’azione antifascista, effetto di un più ampio accordo intervenuto a livello internazionale dopo la drammatica affermazione del nazismo in Germania. Questi cambiamenti pongono le basi di una ripresa dell’iniziativa antifascista che, se da un lato è rallentata dall’assassinio di Rosselli per mano dell’Ovra nel 1934 e dalla morte di Gramsci in carcere, dall’altro si rinsalda con l’invio dei volontari inquadrati nelle Brigate internazionali a fianco dei repubblicani spagnoli (vale la pena di precisare come la sconfitta degli antifascisti spagnoli, pur determinata dallo strapotere militare degli avversari, armati dal fascismo e dal nazismo, sia facilitata dalle divisioni della sinistra, in particolare tra i comunisti e gli anarchici) In Italia, l’iniziativa antifascista è di più difficile attuazione, a causa delle infiltrazioni e dagli arresti operati dal regime (nel solo periodo 1936-’39, il Tribunale speciale commina ben 1.101 condanne). La repressione si accanisce contro il Pcd’I, colpito tra il 1930 ed il 1932, e contro Gl, decimata una prima volta tra il 1931 e il 1932, una seconda nel 1934 e una terza tra il 1935 e il 1936. Tuttavia, l’aggressione all’Etiopia, l’alleanza con la Germania nazista, il sostegno ai golpisti spagnoli e la discriminazione degli ebrei offrono nuovi spunti ad una propaganda che fa ancora proseliti.Occorre notare come, oltre che dalle difficoltà derivanti dalla mancanza di una direzione interna e dall’instabilità dei contatti con quella parigina, i militanti del Pcd’I siano disorientati dagli eventi in corso in Urss. |
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