La riorganizzazione dei gruppi era tuttavia
necessaria e urgente, prima di tutto per non lasciare l’iniziativa
in mano ai nazifascisti e poi per ricreare i collegamenti che il rastrellamento
aveva spezzato e che erano fondamentali per la sopravvivenza dei partigiani
rimasti in montagna.
La presenza delle forze di occupazione rese
l’operazione laboriosa e irta di pericoli. L’8 gennaio,
per esempio, il gruppo di Alessio Maffiodo, che insieme a quello di
Raimondo Ala era tornato nella zona tra Condove e Mocchie, fu sorpreso
da una puntata tedesca che portò all’arresto di sette partigiani.
Anche nei giorni successivi, il movimento partigiano fu costretto a
patire alcune importanti perdite: il 10 gennaio Liberti fu arrestato
e, anche se rilasciato pochi giorni dopo, dovette abbandonare la valle;
tre giorni dopo don Foglia venne arrestato a Torino e deportato a Mauthausen;
il 21 gennaio Carlo Carli fu catturato e fucilato ad Avigliana dagli
uomini della Gnr; il 22 gennaio anche Sergio Bellone, sfuggito fortunosamente
alla cattura, fu costretto ad abbandonare la valle e a trasferirsi nel
Cuneese; il 24 febbraio Walter Fontan venne ucciso in un’imboscata
a Bruzolo.
La fine della “vecchia guardia”,
ossia degli uomini che avevano guidato la prima stagione della lotta
partigiana, costrinse il movimento resistenziale a limitare le azioni
militari a qualche colpo di mano soprattutto finalizzato al recupero
di armi e attrezzature e a dedicare le migliori energie all’attività
organizzativa. Si trattò di rimettere in uso le vecchie basi,
ricostruire i collegamenti tra le formazioni e tra queste e i Cln locali,
che nel frattempo si erano formati nei centri maggiori, e più
di ogni altra cosa di stabilire rapporti di convivenza con la popolazione
civile. Perché era evidente, soprattutto dopo le difficoltà
dovute all’inverno e al grande rastrellamento di dicembre, che
senza il sostegno della popolazione, senza la condivisione degli ideali
e delle finalità della lotta, le possibilità di sopravvivere
e di resistere ai nazifascisti erano decisamente scarse. In questo nuovo
sforzo di autogoverno e di crescita anche politica, il movimento partigiano
seppe esprimere nuovi comandanti, che avrebbero diretto le formazioni
fino alla Liberazione