La Resistenza continuò quindi
comunque, anche senza l’aiuto degli Alleati, anzi a dispetto degli
Alleati; lo stesso Cln Alta Italia invitò i partigiani a non
smobilitare, consapevole tra l’altro del fatto che lo “snellimento”
delle formazioni rischiava di trasformarsi in una autentica smobilitazione.
Nella valle di Susa inoltre non era
realizzabile una totale “pianurizzazione” delle unità
combattenti; anzitutto perché non si potevano lasciare completamente
nelle mani dei nazifascisti le vie di comunicazione e gli impianti idroelettrici,
e poi anche perché la bassa valle e la pianura alle porte di
Torino, oltre a non avere sufficiente risorse alimentari, erano comunque
fortemente presidiate.
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I Comandi delle
varie formazioni furono così impegnati in una complessa operazione
di ristrutturazione delle unità e di ridefinizione della distribuzione
sul territorio.La riorganizzazione delle brigate della III Divisione
Garibaldi, finalizzata a snellire quelle esistenti e renderle così
più mobili e adatte al mutato contesto, portò alla nascita
di due nuove formazioni, la 113a “Giovanni Rocci” e la
114a “Marcello Albertazzi”, entrambe dislocate nel versante
orografico sinistro della bassa val di Susa.La
113a, in particolare, nacque dal frazionamento della “Felice
Cima” e, con circa 280 uomini affidati al comando di Alessio
Maffiodo, si attestò nella zona tra il Civrari, il colle del
Colombardo, Rocca Sella e il fondovalle; la 17a, con 475 effettivi,
rimase nelle sue basi tradizionali tra Col san Giovanni, il colle
del Lys e il colle della Portìa e lungo il vallone di Rubiana
e la valle del Casternone.
Contemporaneamente, furono ristrutturati
anche i quadri ufficiali. Mario Castagno, comandante della 17a brigata,
passò al comando della III divisione; Deo Tonani divenne il
nuovo comandante della “Felice Cima”, Sergio Rapuzzi il
vice comandante ed Enrico Fogliazza il vice commissario politico.
Il comando del “Faleschini” fu affidato a Luciano Pasero,
mentre Attilio Novasconi e Augusto Carbone divennero rispettivamente
commissario e vicecommissario di distaccamento.
Lo sforzo tattico e logistico scongiurò il pericolo di dissoluzione.
A metà dicembre il movimento partigiano era riorganizzato e
pronto ad attendere la “prossima avanzata” di primavera
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