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La Liberazione
Malgrado gli inviti degli Alleati, il Cln è determinato ad attuare l’insurrezione, per evitare la liquidazione politica di venti mesi di lotta resistenziale: liberare i grandi centri urbani significa dimostrare maturità militare ed aver la concreta possibilità di esprimere capacità d’autogoverno, insediando le nuove amministrazioni comunali ed avviando le procedure di epurazione dei fascisti. Il Pci è il primo
partito a rendersi operativo. Il 10 aprile, la direzione emana
una direttiva, indirizzata alle brigate Garibaldi ed ai Gap, ma anche
alle organizzazioni di massa come i Comitati d’agitazione di fabbrica,
i Gruppi di difesa della donna, i Comitati di difesa contadina e il Fronte
della gioventù: essa indica l’insurrezione come un evento
prossimo e ordina di prepararla sia con fermate nelle fabbriche e manifestazioni
in vista dello sciopero generale sia con attacchi ai presidi e alle sedi
dei nazifascisti. Il 23 aprile, l’insurrezione
scoppia a Genova, liberata dopo due giorni di scontri, mentre la stessa
cosa accade a Milano tra il 24 e il 25 e a Torino, dove la situazione
è complicata dalla ritirata delle armate tedesche in fuga dal Piemonte
meridionale, tra il 25 e il 30. Mussolini, dopo aver cercato inutilmente un compromesso con il Clnai mediante l’arcivescovo di Milano, il 25 aprile fugge verso la Svizzera. Il 27, la colonna di cui fa parte è fermata a Dongo, nei pressi del confine, ed egli è arrestato e consegnato al rappresentante del Clnai, Walter Audisio, che lo giustizia. Il suo cadavere è poi trasportato a Milano ed esposto in pubblico a piazzale Loreto, nello stesso luogo in cui, nell’agosto del 1944, erano stati mostrati dai nazifascisti i cadaveri di 15 ostaggi fucilati. Il 29 aprile, i tedeschi si arrendono agli Alleati, con un accordo che prevede la validità formale della capitolazione dalle ore 14 del 2 maggio. Il 4 maggio, la Liberazione dell’Italia è completa. |