L’armistizio
Mentre gli Alleati, compiuto un secondo sbarco di truppe in Calabria, dilagano nel Sud della penisola ed intensificano i bombardamenti sui centri urbani e sui nodi delle comunicazioni, il re e i vertici istituzionali attivano i contatti segreti che preludono la firma dell’armistizio di Cassibile (3 settembre). L’8 settembre, Vittorio Emanuele III ed il gruppo dirigente a lui fedele -comprendente i vertici delle forze armate, diversi ministri e il capo della polizia-, dopo aver ufficialmente comunicato al Paese l’avvenuto armistizio, fuggono da Roma a Brindisi, ponendosi sotto la protezione anglo-americana. In questa delicatissima contingenza, l’esercito italiano riceve un solo, ambiguo, ordine: cessare di combattere gli Alleati, ma reagire agli attacchi “di qualsiasi altra provenienza”. L’iter seguito dal re, pur essendo il solo realisticamente praticabile, è tardivo, ma soprattutto gestito malissimo. Le trattative segrete, condotte illudendosi di poter tener a bada i tedeschi con la dichiarazione di voler proseguire la guerra al loro fianco, la successiva partenza precipitosa da Roma e le vaghe indicazioni finali fornite alle forze armate non possono che condurre ad una catastrofe. I tedeschi assumono i poteri militari
in tutta l’Italia centro-settentrionale e prendono iniziative
contro il nostro esercito, non solo sul territorio nazionale, ma anche
in Francia, Grecia, Albania e Jugoslavia. |
|