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In montagna

In un’atmosfera densa di incertezze, in cui s’intrecciavano il senso della tragedia, il rifiuto di ulteriori sacrifici, la paura di essere catturati e deportati, l’ostilità verso i tedeschi, l’esigenza più pressante rimaneva quella di capire la situazione, così lontana da qualsiasi esperienza vissuta negli anni del regime e dai modelli mentali trasmessi dalla scuola del libro e moschetto.

Era insomma la “vertigine della libertà” che, dopo gli anni del credere e obbedire, spingeva soprattutto i giovani a cercare il conforto di coloro che si trovavano nell’identica situazione. E questa prima e spontanea ricerca dell’aggregazione preludeva alla scoperta di una dimensione sconosciuta: quella della partecipazione, della discussione, del confronto, dell’analisi collettiva e, infine, della scelta individuale.


La montagna intanto offriva una risposta all’altra e altrettanto incalzante urgenza, ossia quella di trovare un rifugio, un luogo sicuro dove nascondersi; non ancora la prospettiva resistenziale bensì, almeno inizialmente e per alcuni, la più semplice speranza che i tempi sarebbero presto cambiati e che quindi la condizione migliore fosse quella dell’attesa. Ma anche in questa prima scelta, pur così impulsiva e inconsapevole, c’era già qualcosa di impegnativo, che la rendeva un’evidente cesura tra un passato traboccante di certezze e di verità e un futuro che ancora nemmeno si prospettava.

La prima esperienza significativa, nel ricordo dei protagonisti, che costituiva ormai una autentica presa di posizione, un chiaro parteggiare.La prima esperienza significativa, nel ricordo dei protagonisti, che costituiva ormai una autentica presa di posizione, un chiaro parteggiare.

E così, nei giorni immediatamente successivi all’annuncio dell’armistizio, tutti i villaggi vicini alle montagne si affollarono di gruppi di giovani; si formarono in questo modo le prime bande, strutturate intorno a rapporti di conoscenza o di amicizia, senza ancora alcuna prospettiva operativa concreta, ma che costituirono il luogo del dibattito, in cui ognuno interrogava gli altri e nello stesso tempo diventava per essi un punto di riferimento.

Le necessità della sopravvivenza e la lotta contro gli occupanti avrebbero trasformato questi gruppi in formazioni strutturate e l’antifascismo ingenuo e spontaneo nella scelta partigiana.