Descrizione:
La
lapide dei fucilati al poligono di tiro del Martinetto.
La grande lapide dedicata "Ai nuovi martiri della
libertà" è collocata nel recinto delle fucilazioni,
unica parte sopravvissuta del grande poligono di tiro
del Martinetto, destinato tra l'8 settembre 1943 e il 25
aprile 1945 a luogo di esecuzione dei condannati a morte
dai tribunali speciali e militari istituiti dalla
Repubblica sociale, e di fucilazioni per rappresaglia.
Il luogo è oggi il sacrario cittadino della resistenza,
sede di una commemorazione civica che ogni anno si
svolge il 5 aprile, nell'anniversario della fucilazione
di otto dei componenti del primo Comitato militare
regionale. La lapide venne scoperta con una solenne
cerimonia l'8 luglio 1945, con la partecipazione del
cardinal Maurilio Fossati, del ministro Giuseppe Romita,
del sindaco Giovanni Roveda e del presidente del Cln
regionale piemontese Franco Antonicelli che ricordò la
decisione del Clnrp, presa ancora nella clandestinità,
di costituire il luogo in sacrario: «Il Martinetto». Le
generazioni più antiche delle nostre avevano, in tutta
Italia, un nome per i loro fremiti di sdegno e di
carità: Belfiore. Le generazioni nostre hanno creduto a
lungo che l'età dei martirii fosse conclusa per sempre
nella nostra storia e nella storia civile del mondo.
Invece, col dramma della libertà, si è riaperta la serie
dei grandi olocausti e delle solenni testimonianze. E
così abbiamo compreso che per la nostra esperienza di
uomini tutto va riedificato: l'amore e il dolore, la
colpa e il riscatto, l'infamia e la purezza, l'arco di
trionfo e il Martinetto. [...] Io leggo l'elenco, non
ancora forse completo, dei 61 martiri, e vedo, l'uno
dopo l'altro, tra il 16 gennaio 1944 e il 15 aprile 1945
succedersi un operaio e un impiegato, un artigiano e un
ingegnere, un geometra e un bibliotecario, uno studente
e un professore d'Università, un generale e un
sottufficiale, un soldato e un partigiano. Ma partigiani
tutti; tutti degni di quel nome che da noi va adoperato
non come tessera di privilegi ma come titolo di onore,
quel nome - e quella realtà - che per noi è la maggiore,
la più straordinaria realtà di questa nostra veramente
sacra e veramente civile guerra italiana». La lapide
riporta i nomi di 59 fucilati, senza date, con incisa
accanto l'indicazione della professione, come spesso
nelle targhe dedicate ai singoli caduti. Sono invece 61
i nomi riportati nell'Elenco detenuti giustiziati al
Martinetto, custodito tra le carte della presidenza del
Cln, Giunta consultiva regionale. I nomi sono trascritti
in ordine cronologico per data di morte e vi figura al
primo posto Ruggero Vitrani, la cui esecuzione è
erroneamente datata 16.1.1944, in luogo di 1945; è
questo certamente l'elenco a cui Antonicelli fa
riferimento nel suo discorso. Nel documento, oltre ai
nomi incisi sulla lapide, si trovano anche quelli di
Brunone Gambino, Carlo Jori, Aldo Camera, Giustino
Bettazzi, e Maurizio Mosso, fucilati per rappresaglia
all'attentato di via Sacchi 14; Domenico Binelli e
Ferdinando Conti, due dei cinque fucilati per
rappresaglia in seguito all'uccisione di Ather Capelli;
Dario Musso e Carlo Brero, fucilati il 27 luglio 1944;
Aldo Salvatori, fucilato il 22 settembre 1944; Luciano
Politi, fucilato il 15 aprile 1945. Alessandro Teagno e
Matteo De Bona sono registrati sotto il falso nome usato
in missione, rispettivamente Luciano Lupi e Carlo Lari.
Non sono compresi i nomi di Secondo Brignolo, Giovanni
Bruno, Pedro Ferreira, Paolo Perego, Pietro Enrico,
Dario Girardi, Giuseppe Padovan, Remo Pane, Paolo
Tripodi. Un altro elenco pubblicato da don Giuseppe
Marabotto (1953) Fucilati dalla R.s.i. provenienti dal
carcere comprende 93 nomi disposti in ordine
cronologico, con data e luogo di fucilazione e
l'indicazione dei sacerdoti che fecero assistenza
spirituale: per quanto riguarda i caduti del Martinetto,
pur con imprecisioni, non si discosta dalla lapide. Al
sacrario del Martinetto è collocata una lapide intestata
a: Perotti Giuseppe Paolo, Giachino Erich, Montano
Massimo, Biglieri Giulio, Balbis Franco, Giambone
Eusebio, Braccini Paolo, Bevilacqua Quinto. Componenti
del primo Comitato militare regionale piemontese. Questo
organismo di organizzazione e coordinamento militare
venne costituito dal Clnrp verso la metà di ottobre del
1943, inizialmente con funzioni tecniche e consultive.
Vi partecipavano i rappresentanti dei partiti politici
antifascisti, affiancati da un gruppo di militari, il
colonnello Giuseppe Ratti, il capitano Franco Balbis, il
maggiore Ferdinando Creonti, il generale Giuseppe
Perotti e il tenente Silvio Geuna. Alla fine del 1943,
dopo un controverso periodo di direzione affidato al
generale Raffaello Operti, il compito del coordinamento
venne affidato al generale Perotti. Nel marzo 1944, in
concomitanza con la prima grande ondata di
rastrellamenti che investì le valli piemontesi, il
Comitato venne duramente colpito: il 14 venne catturato
Erich Giachino, il 27 Quinto Bevilacqua e Giulio
Biglieri, il 29 Massimo Montano e il 31 marzo, nella
sagrestia del Duomo, luogo di un appuntamento
clandestino, l'intero Comitato: Perotti, Fusi, Giambone,
Geuna, Braccini, Balbis e Brosio. Dopo gli interrogatori
in Questura, vennero deferiti al Tribunale Speciale su
pressioni del governo di Salò che invocava una condanna
esemplare: il processo durò due giorni e si concluse con
la condanna a morte di otto dei componenti il Comitato,
che furono fucilati la mattina del 5 aprile 1944 (per
Perotti, Braccini, Balbis e Giambone, vedi lapide via
Luini 90). |