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Dalla testimonianza di
Michelina Marietta Aleina, sorella di Gino rilasciata il 17/03/2004 presso la
S.M.S. Primo Levi di Cascine Vica
•Gino
aveva vent'anni quando siamo andati ad abitare a Grugliasco
nel ‘40. Era del ‘21, aveva diciannove anni ed è dovuto
partire militare nel ‘41. Penso che era militare a
Bardonecchia nella guardia…
Dopo l’’8 settembre è arrivato a casa con
tutto, aveva le giberne, il moschetto.
E poi è cominciata la vita… della montagna.
C'era anche Cesare Mondon assieme a lui.
Quando mio fratello veniva a casa lo faceva
con molta prudenza. Al primo rastrellamento del 2 luglio del
'44 al Colle del Lys quei ragazzi si sono sparpagliati
tutti. Per un po' sono stati a casa e non era facile
riorganizzarsi di nuovo. Mio fratello usciva magari di sera
tardi, di notte, vestito camuffato, e la sua raccomandazione
era sempre di non dire che lui era in casa.
Lui è mancato il 29 marzo del '45. Il mattino
erano partiti da Val della Torre ed erano arrivati fino a
Favella; dovevano andare al comando, forse a portare
qualcosa da mangiare.....sono stati tutti circondati e hanno
avuto parecchie ore di combattimento. Erano in sei, c'era
anche il comandante Deo con tanti ragazzi che venivano da
Cremona. Sono morti tutti, Gino è stato ferito con cinque
colpi alla gamba.
Però lui si è sparato. Lo diceva sempre.
Lui aveva sempre le sue due pistole e il mitra e
ogni abbraccio che faceva con mio padre e mia madre quando
usciva di casa diceva: “Ricordati bene papà che a me vivo non mi
prendono. Finché ho le gambe da correre, corro, ma se un giorno
sarò colpito alle gambe e non potrò più correre l'ultimo colpo
lo riservo per me”.
La pallottola è rimasta ferma nella tempia e
questo lo sappiamo con certezza perché il professor Mossa che
era direttore del manicomio di Grugliasco e che ha aiutato tanto
questi ragazzi partigiani ha detto a mio padre che Gino si era
ucciso da solo, perché aveva puntato la pistola contro la tempia
e che se voleva avrebbe tolto la pallottola, ma mio padre ha
detto di lasciarlo così come era morto.
Lui diceva sempre a mio padre: “Guarda papà, se
dovessi morire in montagna non lasciare che mi mettano là sotto
terra” e questa promessa mio padre gliel’ ha sempre fatta.
Quel brutto giorno il direttore della Frendo ha
messo a disposizione diciassette litri di benzina, quel tanto
che era necessario per andare a prenderlo. Mio padre è andato
con l'autista dell’impresa di pompe funebri di Baudano e con la
figlia di questi. Alle sette di sera abbiamo sentito arrivare il
furgone nel cortile di casa nostra. Noi eravamo tutti spaventati
e i vicini ci hanno presi e portati via.
È morto il venerdì santo e l' hanno sotterrato il
giorno di Pasqua. Gli amici più cari sono stati lì a passare la
veglia, hanno aiutato mio padre a lavarlo e a vestirlo e la
domenica gli hanno fatto il funerale, rischiando anche la vita
per portarlo fino al cimitero di Grugliasco.
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